A Zurigo scatta Richemont con vendite oltre le attese e accordo sui dazi Usa
(Il Sole 24 Ore Radiocor) – Richemont brilla alla Borsa di Zurigo di riflesso ai ricavi trimestrali migliori delle attese e grazie anche alle dichiarazioni del presidente e principale azionista Rupert Murdoch che si era detto fiducioso su un accordo di massima tra Svizzera e Stati Uniti sui dazi (l’intesa è stata annunciata, con una riduzione delle tariffe Usa dal 39% al 15%). Il titolo del gruppo del lusso proprietario di Cartier e di altri iconici marchi come Mont Blanc e Piaget è arrivato a guadagnare circa cinque punti, il maggiore dell’indice Smi (-1%) e tra i migliori dello Stoxx Europe 600.
Richemont ha registrato nel secondo trimestre un aumento organico delle vendite del 14% a 5,2 miliardi di euro, il doppio rispetto al +7% delle previsioni degli analisti. Il gruppo ha sottolineato di aver superato con successo un periodo “senza precedenti”, caratterizzato da fluttuazioni valutarie, aumento del prezzo dell’oro e dazi doganali statunitensi. A tassi di cambio reali, la crescita ha raggiunto l’8%, frenata dalla debolezza del dollaro. Il semestre si è chiuso con vendite per 10,6 miliardi di euro, in aumento del 10% a valute costanti e del 5% a livelli attuali. L’utile operativo è migliorato del 7% a 2,35 miliardi, con un margine del 22,2% dal 21,9%. L’utile netto è quadruplicato a 1,8 miliardi da 457 milioni. Il gruppo ha beneficiato in particolare di una forte domanda per la gioielleria, settore che include Cartier, Buccellati, Van Cleef & Arpels e Vhernier, con vendite in crescita del 9% a tassi attuali e del 14% a tassi costanti (+17% nel secondo trimestre), con un margine operativo del 32,8%.
“Dopo 18 mesi difficili” è poi rallentata la flessione del settore orologi a -6% a tassi reali e -2% a cambi costanti nel semestre e -2% e +3% nel secondo trimestre rispettivamente. La maggior parte delle aree geografiche ha avuto “una forte performance nella prima metà dell’esercizio, guidata dalla crescita a doppia cifra delle vendite in Europa, nelle Americhe e in Medio Oriente”, precisa la società. Inoltre, “nel secondo trimestre la Cina, Hong Kong e Macao nel loro insieme assieme al Giappone sono tornati alla crescita”. Il Presidente del gruppo Johann Rupert ha dichiarato, durante una conference call, che ci sono “alcuni segnali iniziali” di miglioramento della domanda in Cina, ma è ancora troppo presto per parlare di una piena ripresa. Quanto ai dazi Usa del 39% entrati in vigore ad agosto, la società ha indicato nel comunicato sui conti che “nel primo semestre l’impatto è stato limitato”, grazie alla gestione pro-attiva degli stock e sull’anno è stimata a 300 milioni di euro circa.
Nel corso di un incontro con la stampa, Rupert aveva anticipato le linee guida dell’accordo tra Svizzera e Stati Uniti per ridurre i dazi sulle esportazioni svizzere, che al 39% erano tra i più alti tra quelli a carico dei Paesi occidentali. L’accordo di massima è poi arrivato ma potrebbero volerci mesi prima che venga firmato. Rupert, che la scorsa settimana ha incontrato il presidente Donald Trump alla Casa Bianca insieme a una delegazione di leader aziendali svizzeri, ritiene che questi dazi derivino da un “malinteso” tra Washington e Berna, che dovrebbe essere chiarito al più presto. “Svizzeri e americani sono molto simili: indipendenti, riluttanti ad accettare un governo pesante. Quindi penso che questo malinteso verrà risolto questa settimana”, ha detto Rupert.
Giovedì a Washington il Ministro dell’Economia svizzero Guy Parmelin aveva incontrato il Rappresentante per il Commercio Usa Jamieson Greer in merito ai dazi e al surplus commerciale svizzero con gli Stati Uniti. “Abbiamo chiarito praticamente tutto”, ha dichiarato Parmline al suo rientro in Svizzera. Secondo Rupert, una riduzione delle tariffe doganali al 15% stabilizzerebbe l’economia svizzera e impedirebbe la perdita di posti di lavoro. “Non siamo gli unici a essere colpiti”, ha aggiunto Rupert aggiungendo che ai livelli attuali i dazi “sono potenzialmente devastanti per tutta la Svizzera.” I dazi al 39% erano stati imposti dagli Usa in seguito a una tempestosa telefonata tra Trump e la presidente della Confederazione, Karin Keller-Sutter a luglio. L’industria svizzera ha registrato un calo del 14% delle esportazioni verso gli Stati Uniti nei tre mesi terminati a settembre, ha riferito venerdì l’associazione Swissmem. I produttori di macchine utensili, in particolare, hanno visto le loro spedizioni diminuire del 43%.
Fonte: Il Sole 24 Ore