Al via il G20 Cultura con un focus sulle professioni

Il 29 e 30 luglio si terrà a Roma, nell’ambito della presidenza italiana del G20, la prima ministeriale dedicata alla Cultura, presieduta dal ministro Dario Franceschini. Il G20, nato per il coordinamento economico e finanziario, si è arricchito negli anni di contenuti ambiziosi sui cui convergono i Paesi delle venti economie più grandi, che rappresentano l’80% del Pil mondiale e il 60% della popolazione del pianeta. L’Italia ha deciso di mettere al centro della propria Presidenza la cultura, dedicandovi una riunione dei Ministri competenti che non ha precedenti nella storia del G20: “una scelta strategica legata all’importanza del settore culturale nel nostro Paese […] motore cruciale per una crescita sostenibile, equilibrata e inclusiva” almeno così si legge sul sito del MiC. Assieme ai ministri dei Paesi membri ed invitati si riuniranno i vertici delle principali organizzazioni internazionali attive in materia, tra cui: UNESCO, OCSE, il Consiglio d’Europa, l’Unione per il Mediterraneo, le organizzazioni internazionali del settore culturale quali ICCROM, ICOM, ICOMOS, i protagonisti del contrasto agli illeciti contro il patrimonio culturale quali l’agenzia delle Nazioni Unite per il contrasto al crimine UNODC, Interpol e l’organizzazione doganale WCO. L’avvio dei lavori è previsto nell’Arena del Colosseo alle ore 19 di giovedì 29 luglio, alla presenza del presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi, del ministro della Cultura Dario Franceschini e della Direttrice Generale dell’Unesco Audrey Azoulay. I lavori della ministeriale proseguono venerdì 30 luglio a Palazzo Barberini.

I temi

Nel corso di quasi un anno di lavoro sono state individuate 5 principali aree di interesse su cui il G20 Cultura ha concentrato i propri sforzi, che culmineranno nella due giorni romana. Tra i temi al centro della ministeriale di Roma: la tutela e la promozione di cultura e settori creativi come motori per una crescita sostenibile ed equilibrata, in particolare modo attraverso il sostegno necessario ai suoi lavoratori duramente colpiti dalla pandemia; la protezione del patrimonio culturale dalle calamità naturali, dalle crisi e dal traffico illecito, Italia e UNESCO in questo senso continueranno a lavorare assieme ed hanno annunciato il progetto “Task Force Italia su invito di UNESCO”; la transizione digitale e le nuove tecnologie attraverso la promozione della trasformazione digitale e tecnologica nei settori culturali e creativi come nuove forze trainanti per la crescita; la formazione culturale come investimento nel capitale umano per affrontare le sfide contemporanee come la digitalizzazione e la transizione verde ed il cambiamento demografico; la cultura come strumento per affrontare il cambiamento climatico.

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Il lavoro culturale

Interesse suscita sicuramente la volontà del Ministero di discutere della condizione lavorativa dei lavoratori, tema che è da anni oggetto di denuncia da parte degli stessi professionisti. Si tratta di un fenomeno che ha ormai assunto forme quasi archetipiche soprattutto rispetto a forme contrattuali precarie, un sistema che garantisce stipendi sicuri ed elevati ai dipendenti pubblici, ma che nel ricorrere a gare per soggetti tecnici e specialisti qualificati riducono notevolmente le tariffe e la possibilità di una sicurezza lavorativa con contratti a brevissimo termine. Un grido d’allarme rispetto alla situazione dei lavoratori della cultura è stato lanciato da ICOM, che ha espresso forte preoccupazione per la diffusione del lavoro sottopagato o dell’utilizzo del lavoro volontario nel settore. Secondo le anticipazione dei primi dati della ricerca condotta da Art Workers Italia in collaborazione con ACTA, il 48,9% dei professionisti dell’arte che hanno completato l’indagine riferisce di di aver avuto, nell’anno 2019, un reddito annuo inferiore ai 10.000 €, ricordiamo che la soglia di povertà per un individuo adulto in Italia è pari a 10.299 € annui. Una situazione già di per sé precaria, che la lunga interruzione della maggior parte delle attività nei musei e nei siti archeologici, ma anche di spettacolo, dovuta alla crisi da Covid -19 ha peggiorato con l’interruzione dei rapporti con le collaborazioni esterne e dei contratti determinati.

Lavoratori in calo

Secondo i dati Eurostat-LFS, tra l’ultimo trimestre 2019 e il secondo del 2020 il numero di occupati in Italia è sceso di 670mila unità, per poi assestarsi a 414mila a fine 2020. Tra le attività che maggiormente hanno sofferto delle chiusure imposte dal primo e dal secondo lockdown ci sono sicuramente quelle rientranti nel settore cultura e spettacolo. Dopo un aumento degli occupati nel primo trimestre 2020 pari al 2,95%, nel secondo trimestre il crollo è stato pari al 7,86%, solo marginalmente compensato dalla crescita dell’1,07% del terzo trimestre, cui è seguito nel quarto un calo del 10,69%. Si nota, inoltre, che il calo delle attivazioni di contratti di lavoro, dall’inizio del primo lockdown, sia stato molto più forte in questo settore rispetto al totale. Alla fine del secondo trimestre il calo del saldo è pari al 6% nell’economia nel suo complesso e al 16% nelle attività artistiche e culturali. Resta critica anche la situazione per i liberi professionisti che lavorano nei musei di tutto il mondo per cui la percentuale di lavoro appaltato, sempre secondo ICOM, è passato dal 56,9% del proprio reddit al 32,5%.

Salari minimi

Un altro tema cruciale emerso con struggente preoccupazione è la fragilità di un settore che oltre a mancare dei criteri minimi salariali manca anche delle tutele per i professionisti assunti a tempo determinato da società commerciali o da cooperative con forme contrattuali diverse, quasi sempre inadeguate al livello specialistico delle mansioni richieste.

Fonte: Il Sole 24 Ore