Alt al regime di comodo con prova in giudizio

La prova della oggettiva impossibilità di conseguire i ricavi minimi, necessari per disapplicare la disciplina sulle società di comodo, può essere fornita direttamente in giudizio, senza che l’omessa attivazione della procedura di interpello possa limitare o escludere la tutela giurisdizionale del contribuente. La prova è libera, e può far leva sulle effettive condizioni e prassi di mercato, nel quadro di una valutazione complessiva e non atomistica delle annualità d’imposta. Sono questi i principi desumibili dalla sentenza n. 1430/11/2022 della Commissione tributaria regionale della Campania (presidente Iazzetti e relatore Vignes).

La vicenda prende le mosse dalla notifica di una cartella di pagamento a una società di locazione immobiliare, con la quale, in ragione del mancato raggiungimento dei ricavi minimi stimati, si pretendeva il versamento delle maggiori imposte stabilite per le società di comodo.

La contribuente impugnava l’atto, eccependo, tra l’altro, i seguenti due punti:

– che l’articolo 30 della legge 724/94 pone una presunzione di redditività minima non assoluta, ma superabile (anche) in giudizio, pena la violazione dell’articolo 53 della Costituzione;

– l’esistenza di un contratto di locazione il cui canone, stabilito in misura crescente nel tempo, secondo una prassi commerciale finalizzata ad agevolare il conduttore onerato dei costi per l’avviamento dell’attività produttiva nei tempi richiesti dal mercato, avrebbe permesso di ottenere ricavi superi a quelli minimi previsti.

Fonte: Il Sole 24 Ore