Amazon guarda allo spazio con Leo: parte la sfida a Starlink di Elon Musk

Amazon guarda allo spazio con Leo: parte la sfida a Starlink di Elon Musk

Amazon cambia pelle al suo progetto satellitare e lo fa in un momento in cui la competizione nello spazio è diventata una questione industriale, geopolitica e commerciale. Il programma Project Kuiper, con cui il colosso fondato da Jeff Bezos aveva lanciato i primi satelliti attorno al globo terrestre, diventa ufficialmente Amazon Leo. Un nome definitivo che segna il passaggio dal laboratorio all’arena, dove l’unico vero dominatore si chiama Starlink. L’annuncio arriva con una formula semplice: Kuiper era un nome in codice, Leo sarà il brand con cui Amazon proverà a costruire una costellazione da oltre 3.200 satelliti in orbita terrestre bassa. Al momento, i satelliti già lanciati sono circa 150 e il servizio non è ancora operativo. Ergo: rispetto al progetto di Elon Musk c’è un ritaro enorme. Ma Amazon è un’azienda che ha le potenzialità (soprattutto finanziarie) per accelerare.

Dall’altra parte del ring, come detto, c’è Starlink, la costellazione di SpaceX che oggi conta quasi 9.000 satelliti e oltre 6 milioni di clienti nel mondo. La sproporzione numerica racconta bene la distanza tra i due progetti, ma chiarisce anche l’ambizione di Amazon: entrare nella partita più competitiva del settore telecomunicazioni, quella delle reti satellitari in orbita bassa.

Sembra piuttosto evidente il passaggio strategico: Amazon punta a usare i propri asset industriali come leva. Cioè linee produttive ad alta capacità, un’integrazione verticale tra i servizi cloud di AWS e la futura rete satellitare, e una base clienti globale che potrebbe semplificare la distribuzione dei terminali. La presenza di contratti già annunciati con JetBlue Airways e L3Harris Technologies mostra che l’idea di Leo non nasce soltanto per il consumo domestico. E che aviazione, difesa e imprese sono già nel mirino.

Il confronto con Starlink, come detto, resta complicato. SpaceX ha anni di vantaggio operativo, un ritmo di lanci difficile da eguagliare e grandi economie di scala. Molti analisti, citati soprattutto da Reuters e FT negli ultimi anni, hanno sottolineato quanto il segmento sia costoso, tecnicamente complesso e soggetto a regolamentazioni in continua evoluzione: gestione del traffico orbitale, rischi di collisione, interferenze radio. E del resto anche Amazon, per ottenere le licenze necessarie negli Stati Uniti, è vincolata a scadenze rigide: dovrà avere in orbita un numero significativo di satelliti entro il 2026.

Fonte: Il Sole 24 Ore