Arte che si coniuga con la sostenibilità, un premio dalla Commissione europea

La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha aperto il 9 giugno il festival del New European Bauhaus al museo Maxxi di Roma. Questo festival – fortemente voluto da von der Leyen – ha premiato gli artisti e i designer europei che hanno dimostrato di saper trovare delle soluzioni per coniugare l’arte con la sostenibilità. Ma non sono, ad essere premiati sono stati anche quelle realtà che hanno proposto nuove forme di convivenza e di vita negli spazi pubblici. Questione cruciale per tutti quei paesi, numerosissimi in Italia, a rischio spopolamento. La transizione ecologica non riguarderà soltanto le fonti energetiche di approvvigionamento, ma anche i materiali, e dunque gli spazi in cui viviamo. Per questo motivo secondo von der Leyen, il Green Deal non potrà realizzarsi se questo processo non sarà percepito come giusto in termini di benefici che porterà alle comunità. Questo varrà sia dal punto di vista economico, ma anche in termini estetici. Il Green Deal dovrà dunque “avere un cuore” secondo le parole della Presidente della Commissione Europea. Da qui l’idea di lanciare un nuovo movimento che racchiuda i principi della transizione giusta. Come quello che ha caratterizzato il Bauhaus che nel 1919 voleva reinventare il mondo materiale in modo che riflettesse l’unità di tutte le arti.

Tra i progetti premiati Topolò/Topolove – The Village as a House

Tra i progetti premiati, nella categoria “Prioritising the places and people that needed the most”, c’è Topolò/Topolove – The Village as a House. Topolò è un piccolissimo villaggio del Friuli che si trova al confine con la Slovenia. Attualmente è abitato da 20 persone, la maggior parte pensionati nati a Topolò, ma anche da quattro ragazzi del collettivo Robida che hanno meno di trenta anni. Il tempo in questo luogo, quasi completamente abbandonato, è scandito dalle stagioni. Quella invernale più introversa e riflessiva, dedicata alla produzione e alla scrittura. Raccolta, perché il gelo permette di utilizzare pochi spazi. Contrapposta a quella estiva, rivolta verso l’esterno e caratterizzata dalla creatività e sperimentazione grazie alle attività organizzate dal collettivo Robida che ospitano artisti nel villaggio. In questo periodo tutto il tessuto del paese viene utilizzato, le case di Topolò riaprono e vengono vissute come se fossero delle stanze di una stessa casa. Questo modo di vivere il villaggio nasce da un’esperienza di vita molto concreta. Quando il collettivo Robida si è trasferito a Topolò moltissime case mancavano dei servizi essenziali, come il bagno, la cucina e internet per lavorare. Per poter svolgere le attività quotidiane, i ragazzi del collettivo dovevano spostarsi di casa in casa per accedere agli edifici con i servizi di cui avevano bisogno. Questa esperienza ha fatto sì che il legame con il luogo si rafforzasse, ma anche che gli spazi di cura – che vengono generalmente limitati alla propria abitazione – si allargassero andando a coinvolgere le case degli altri. Anche le strade del paese che venivano vissute come i corridoi di una casa, il bosco come il giardino.Da questa esperienza dettata dalle necessità reali ha portato a pensare all’esperienza di vita in una paese italiano, dove spesso vi sono luoghi abbandonati con edifici estremamente danneggiati che non possono più essere utilizzati secondo una concezione tradizionale di vita in una casa. “Credo sia importante che questo premio sia andato in un luogo così periferico, anche abitato dalla minoranza slovena in Italia” – dice Vida Rucli del Collettivo Robida – “spero sia un cambio di rotta nei confronti di questo territorio di confine che negli anni si è costantemente svuotato”.

Fonte: Il Sole 24 Ore