Confcooperative promuove latte e formaggi, ma cresce il rischio italian sounding

«L’Italian sounding si contrasta portando i nostri prodotti all’estero. Ridurre gli investimenti in promozione equivale a soffiare nelle vele del falso. Stimiamo – è l’allarme di Gardini – una crescita tra il 10 e il 15% dell’Italian sounding che rischia di toccare i 105 miliardi di euro».

L’altra grande minaccia che incombe su latte e formaggi è «l’etichettatura a semaforo, già adottata da diversi paesi europei. Si tratta – osserva Gardini – di un sistema fuorviante, discriminatorio e incompleto che finisce per escludere paradossalmente dalla dieta gli alimenti più sani e naturali proprio come quelli lattiero caseari».

«La campagna di comunicazione presentata oggi testimonia – aggiunge Giovanni Guarneri, coordinatore del settore lattiero-caseario di Alleanza Cooperative Agroalimentari – quanto il sistema cooperativo creda in un modello di promozione integrata a livello comunitario. In questo contesto sorprende l’orientamento della Commissione europea che negli ultimi anni ha operato una progressiva riduzione della linea di finanziamento destinata ai regimi di qualità. Le Indicazioni Geografiche, di cui il settore lattiero-caseario italiano è leader mondiale (con 56 formaggi Dop e Igp riconosciuti), sono produzioni distintive dell’Ue – conclude Guarneri – in grado di dimostrare in ogni parte del mondo la ricchezza, il legame con il territorio, la sicurezza, la qualità, l’eccellenza di tutte le produzioni agroalimentari dell’Unione. Continuare a destinare poche risorse finanziarie alla promozione dei regimi di qualità significa ridimensionare la portata del riconoscimento internazionale delle Ig. Il rischio è lasciare campo a imitazioni, evocazioni e alla svalorizzazione delle Ig nei canali distributivi internazionali».

Coldiretti: così crescono i falsi nel mondo

A taroccare il cibo italiano – evidenzia la Coldiretti che sottolinea anche il record di export di formaggi (+7,5% nel primo quadrimestre) – sono soprattutto i Paesi emergenti o i più ricchi dalla Cina all Australia, dal Sud America agli Stati Uniti. Negli Usa il 99% – secondo l’analisi Coldiretti – dei formaggi di tipo italiano sono “tarocchi” nonostante il nome richiami esplicitamente le specialità casearie più note del Belpaese, dalla Mozzarella alla Ricotta, dal Provolone all’Asiago, dal Pecorino Romano al Grana Padano, fino al Gorgonzola. Su questo mercato «si è buttata anche la Russia dove l’embargo ai prodotti italiani per il braccio di ferro con l’Unione europea ha favorito la nascita e la proliferazione di brutte copie russe del Made in Italy».

Fra le brutte copie dei prodotti caseari nazionali nel mondo, in cima alla classifica c’è la mozzarella, seguita dal “Parmesan”, dal provolone, dalla ricotta e dal Romano realizzato però senza latte di pecora. La pretesa di chiamare con lo stesso nome prodotti profondamente diversi è – continua la Coldiretti – inaccettabile e rappresenta un inganno per i consumatori ed una concorrenza sleale nei confronti degli imprenditori.

Fonte: Il Sole 24 Ore