Covid-19 e divario salariale di genere: due i motivi principali

Il tema del divario salariale di genere ha una risonanza mondiale (già prima della crisi Covid-19): tutti i Paesi, sia in via di sviluppo che sviluppati si sono dovuti attivare per fronteggiare il problema. Alcuni con successo sono riusciti a ridurre il divario tra uomini e donne, altri si trovano ancora con percentuali molto rilevanti. Per quanto concerne l’Italia la statistica è pari a circa 6 punti percentuali (dato 2019, 5.5). Verrebbe spontaneo pensare che nel nostro Paese il divario sia relativamente basso, e che quindi le policy implementate siano state efficaci.

Occorre considerare che in Italia si verifica una selezione positiva delle donne nel mercato del lavoro, vale a dire che la maggior parte delle donne che partecipano attivamente al mercato del lavoro sono mediamente le più istruite. Se quindi considerassimo anche le donne che non partecipano poiché non istruite o con un livello di istruzione medio/basso (e che quindi percepirebbero retribuzioni basse), vedremmo un gap significativamente più alto. Quindi, il dato sintetico sottende una realtà molto complessa, e preclude ottimismo.

Loading…

La causa principale del gender wage gap è da ricondurre al peso del lavoro di cura (non retribuito) di figli, anziani non autosufficienti, disabili, che grava sulle spalle delle donne e che è assolutamente sproporzionato fra i generi. Il 65% delle donne fra i 25 e i 49, con figli piccoli fino ai 5 anni, non sono disponibili a lavorare per motivi legati a maternità e lavoro di cura. Tale divario si è aggravato a seguito della crisi Covid-19, che ha esacerbato il peso del lavoro di cura non retribuito a discapito del lavoro retribuito di mercato.

Occorre precisare che nonostante il virus abbia colpito di più la popolazione maschile in termini di mortalità in tutti i Paesi, se si considerano i contagi e si disaggregano i dati per classi d’età, la proporzione s’inverte. In Italia fra le donne adulte (20-50 anni) le diagnosi di Covid-19 sono state di circa 10 punti superiori rispetto agli uomini. In termini di indicatori del mercato del lavoro, a livello globale le donne hanno subito incrementi nell’incidenza della disoccupazione, sospensione dal lavoro e riduzioni di reddito.

La maggior penalizzazione da Covid-19 delle donne è da ricondurre ad almeno due ordini di motivi. Da un lato, molti dei settori essenziali in cui si è continuato a lavorare offline, vale a dire sanità e servizi sociali, vendite al dettaglio, call center, attività di pulizia, sono a prevalenza femminile. Dall’altro, le donne sono più presenti nei settori non essenziali fermati dal lockdown che ora affrontano una contrazione drammatica, quali turismo, ristorazione e, in generale, servizi.

Fonte: Il Sole 24 Ore