Crisi, dal Recovery ai licenziamenti: tutte le partite in sospeso

Mentre la crisi di governo agita sempre più la maggioranza, è anche il piano di Ripresa e Resilienza che rischia di arenarsi, frenato dalle fibrillazioni interne. Oltre ai 209 miliardi del Next Generation Eu, che peraltro mancano ancora di un progetto di governance – vero oggetto del contendere nelle settimane che hanno portato allo strappo di Italia Viva – a ballare sono anche i 32 miliardi di extradeficit che dovrebbero essere tradotti nel più breve tempo possibile nel nuovo decreto Ristori. I lavori vanno a rilento e appare difficile che si riesca a chiudere in settimana.

L’ipotesi spacchettamento

Tanto che la soluzione che prende sempre più piede è quello di spacchettare le misure, separando il destino delle cartelle esattoriali da quello dei ristori. Al consiglio dei ministri in programma giovedì prossimo andrebbe sicuramente la nuova sospensione delle cartelle fiscali, che in quanto provvedimento urgente potrebbe sopravvivere anche al caso di dimissioni del governo (lo stop che ha bloccato nuovamente i 50 milioni di atti del fisco è limitato al 31 gennaio). Mentre molti altri capitoli, e fra questi aiuti a imprese e autonomi, slitterebbero almeno alla settimana successiva. Crisi permettendo.

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I nodi del pacchetto lavoro

Anche sul pacchetto lavoro ancora non si sarebbe arrivati a una sintesi, per le diverse idee in maggioranza su proroga della Cig e del blocco dei licenziamenti: un tema che dovrebbe essere oggetto di un incontro ad hoc tra parti e sociali e governo, che intanto riprende il confronto sul Recovery Plan. Dalle Camere, probabilmente attorno alla metà di febbraio salvo ulteriori complicazioni politiche, arriverà un nuovo atto di indirizzo di cui l’esecutivo, se sarà ancora in carica, terrà conto per l’ultima revisione del piano prima dell’invio ufficiale a Bruxelles. Un percorso complesso che, fanno notare da più parti, ha bisogno di un governo nel pieno dell’incarico, anche per poter interloquire con la Commissione.

Il pressing di Bruxelles sulle riforme

Da Bruxelles è già arrivata la richiesta di dettagliare meglio tempi dei progetti e piano di riforme, che il governo ha già in parte indicato: si va da quella della pubblica amministrazione a quella del fisco fino a quella della giustizia, che se realizzate «nel medio periodo», cioè in 5 anni, potrebbero avere un impatto positivo sul Pil «ampiamente superiore di un punto percentuale», cui si dovrebbe aggiungere, nei piani del governo, la riforma del lavoro che porterebbe una spinta alla crescita per «un ulteriore punto».

La scelta della governance

L’efficacia del piano passa anche, però, per una adeguata struttura di governance per la quale, ricorda il ministro Vincenzo Amendola, la commissione Ue dice che «abbiamo due strade possibili: affidare quel compito a un ministro, oppure a una struttura di missione». Una scelta ancora appare lontana – e potrebbe essere oggetto di trattativa politica nelle prossime settimane – e anche su questo nodo è possibile che le Camere vogliano dare la loro indicazione.

Fonte: Il Sole 24 Ore