Da Confindustria Moda un Piano Strategico per salvare la filiera: «Non deve finire come l’automotive»
Un piano necessario, composto da provvedimenti urgenti e visioni di lungo respiro, per evitare che l’industria della moda italiana, secondo comparto manifatturiero del Paese, possa subire la stessa, ingloriosa fine dell’automotive. Ieri al Senato Confindustria Moda, con Confindustria Moda Accessori, ha presentato le linee guida del suo Piano Strategico 2035, per tutelare la filiera del tessile-moda-accessorio, le sue oltre 48mila imprese e i suoi 500mila addetti distribuiti in 23 distretti produttivi in tutto il Paese. Una filiera che fra 2017 e 2023 ha perso 6mila aziende e 190mila persone.
«In stretto dialogo con le istituzioni, dobbiamo tracciare la rotta per i prossimi anni, investendo in temi molto precisi e urgenti – ha detto Luca Sburlati, presidente Confindustria Moda -: fermare l’invasione dell’ultra fast fashion e delle sue gravi conseguenze; approvare l’Epr tessile, che potrebbe peraltro creare una nuova e ricca filiera per il Paese, già leader nel riciclo del vetro e della plastica; approvare la normativa sulla legalità di filiera nell’ambito del Ddl sulle Pmi per tutelare il made in Italy, che sta subendo gravi e spesso ingiustificati attacchi; rinnovare il credito d’imposta su ricerca e sviluppo, cruciale per un’industria che vive di innovazione come quella della moda». Inoltre, altri quattro progetti “flagship”, dall’istituzione di una Banca Mondiale delle fibre e dei tessuti a Biella a quella di un polo dell’eccellenza manifatturiera italiana a Parigi.
Secondo le stime dell’associazione, la mancata adozione di queste misure potrebbe far perdere all’industria 19 miliardi di fatturato, 35mila addetti, 4.600 aziende entro i prossimi cinque anni. Attuando il piano, invece, si avrebbe un impatto decisamente positivo, con un fatturato in crescita di 51,5 miliardi di euro (quello del 2024 è stato di 89,8 miliardi), oltre 9mila nuove aziende, 99mila addetti e un contributo di 15 miliardi al Pil nazionale.
Fra le proposte di Confindustria Moda, anche quella di lavorare a un ambizioso piano di comunicazione del made in Italy, che evidenzi, puntando anche e soprattutto alle giovani generazioni, la storia, la cultura, l’innovazione e la sostenibilità del sistema moda italiano. E senza temere l’innovazione tecnologica: «La transizione digitale può essere di grande supporto – ha proseguito Sburlati -. La moda non deve temerla, perché entro i prossimi 20 anni non esisteranno robot in grado di cucire. La nostra è davvero l’ultima manifattura. E va tutelata anche per questo».
Fonte: Il Sole 24 Ore