Dal declino al profumo di Europa: la miracolosa risalita del Leeds «italiano»

Lungo Elland Road, una strada alla periferia sud-ovest di Leeds, ex città industriale nel nord dell’Inghilterra, un murale che occupa l’intera parete di una villetta a schiera, raffigura lo stemma giallo e blu della squadra di calcio della città. E’ una zona di operai, case popolari nei tipici mattoncini rossi inglesi. Calcio e manifattura: Leeds è sorta attorno alle fabbriche tessile nel ‘700 e poco più avanti si erge la sagoma dello stadio del Leeds United, il club locale nato nel 1919.

Il calcio al tempo del Covid

La scorsa estate nel parcheggio dell’arena del club, che da statistica può ospitare 37mila spettatori, due pendolari, che ogni mattina venivano da Manchester in auto con un banchetto, vendevano sciarpe “taroccate” del Leeds neo-promosso in Premier League, la Serie A inglese. Dopo sedici lunghissimi anni di retrocessione nella Second Division, il club della città tornava nella massima serie. I due ambulanti, cosa molto poco inglese e più da meridione, non immaginavano certo che quelle sciarpe sarebbero rimaste nei cassetti e che non sarebbero mai state sventolate in curva. La Premier League è iniziata a fine agosto del 2020, il calcio inglese, come dappertutto in Europa, è ripartito puntuale, ma gli stadi sono rimasti vuoti. Nove mesi dopo, è tutto ancora deserto. Ma la città è in visibilio: venerdì 19 marzo, ultima partita di campionato in Inghilterra prima della lunga sosta di Pasqua, il Leeds ha espugnato lo stadio lungo il Tamigi del Fulham, club di Londra. La vittoria fuori casa ha proiettato il capitano Liam Cooper e soci all’undicesimo posto in classifica, a soli 2 punti da club storici e prestigiosi come Arsenal e Aston Villa. Alla 29 giornata di campionato, quando ne mancano appena 9 alla fine, il Leeds è più vicino alla Europa League (che dista 10 punti) che alla retrocessione (lontana 15 punti). Non male per una neo-promossa. “L’Europa non è alla nostra portata, ma ci punteremo il prossimo anno. Intanto siamo salvi con un margine che lascia tranquillità” commenta un tifoso davanti allo stadio. L’ottimismo è la migliore cura per il Covid: e l’ottimismo trabocca a Elland Road. La statua davanti all’ingresso è circondata da fiori freschi, corone, magliette, candele. E’ l’omaggio dei tifosi a Peter Lorimer, il più grande goleador di tutti i tempi del Leeds, cosa che gli è valsa imperitura memoria, scomparso proprio la sera della vittoria che ha proiettato il club nella parte alta della classifica inglese. Si chiude, idealmente, un cerchio: il Leeds è tornato ai fasti di un tempo. E il merito è di un italiano.

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Le “Notti Magiche” col Milan e con la Juventus

All’ingresso dello stadio, alcuni addetti in pettorina gialla accolgono persone. Non hanno niente a che vedere con il pallone: accanto all’impianto sportivo, un capannone è stato adibito a Vaccination Hub, un centro vaccinazioni. Smistano gli anziani venuti per ricevere la dose di AstraZeneca. Ma sono patiti di calcio: “Ah, lei italiano? Ancora ricordo la partita a San Siro” commenta uno di loro. La storia calcistica del Leeds United con l’Italia è legata al Milan e alla “Notte Magica” dell’8 Novembre del Duemila. Quella sera dell’anno del Giubileo, il Leeds United incontra i rossoneri. E’ il Milan stellare della leggenda vivente Paolo Maldini e Zvonimir Boban (oggi manager del club), del campione Andrij Shevchenko e di Oliver Bierhoff. Ma la storia la farà uno sconosciuto giocatore scozzese nato nella sperduta Dumfries: tale Dominic Matteo che segna un gol e fa vincere gli inglesi. Ancora oggi la gente di Leeds ne parla. Solo un giocatore con del sangue italiano nelle vene poteva fare una rete alla Scala del Calcio. Contro i diavoli italiani, i “Picchi” del Leeds United (il cui soprannome è Peacocks) avevano giocato addirittura una finale tanti anni prima: nel 1973, nel suo periodo di massima gloria, allo stadio di Salonicco lo United aveva affrontato il Milan per aggiudicarsi la Coppa delle Coppe. Su un campo appesantito dalla pioggia, vinceranno i Rossoneri, con un gol di Luciano Chiarugi. Due anni prima, era andata meglio. Nel negozio per i fan dentro lo stadio, chiuso al pubblico ma aperto on line, si può anche comprare la maglia di un’altra finale, quella del 1971, quando il Leeds sfidò la Juventus nella defunta Coppa delle Fiere. Gli inglesi avevano un conto in sospeso, che risaliva a molti anni prima: nel 1957 i bianconeri avevano strappato al Leeds l’attaccante John Charles, destinato a diventare una leggenda. Il “Gigante Buono”, come sarà soprannominato in Italia per il suo “fair play” (mai un’ammonizione), che assieme a Giampiero Boniperti e Omar Sivori scriverà la storia della Juve negli Anni ’60, era gallese ma al Leeds era approdato giovanissimo a 17 anni e lì si consacrò attaccante di razza: 150 gol in otto stagioni, con un picco da Guinness nel 1952, addirittura 42 gol in una sola stagione. Charles era già un campione: per portarlo a Torino, il club sborsò la cifra record per l’epoca di 65mila sterline. Alla Juventus, Charles rimarrà 5 stagioni, vincendo tre Scudetti e due Coppe Italia, per poi tornare a casa al Leeds. Nella finale del 1971, gli italiani persero contro gli inglesi la 13esima edizione del trofeo: erano gli anni in cui il Leeds United dominava il calcio; per i bianconeri l’ennesima finale persa. Non era una finale qualsiasi, peraltro: fu l’ultima edizione della Coppa. Si giocava in due turni, andata e ritorno, e per la prima volta nelle coppe europee fu applicata la regola del gol fuori casa. Regola che beffò la Juventus, approdata in finale senza aver subito alcuna sconfitta. La stessa doppia finale fu anomala: si disputò tre volte. Il match di andata a Torino, fissato per il 26 maggio del 1971, venne sospeso per impraticabilità di campo; e si rigiocò il 28 maggio. L’anno dopo, la Coppa delle Fiere scomparve e venne sostituita, nel calendario internazionale, dalla neonata Coppa Uefa, oggi diventata Europa League. Alzando l’ultima Coppa delle Fiere della storia, il Leeds si era vendicato, con 15 anni di ritardo, dello scippo di “King John”.

Dagli anni bui a Radrizzani

Dopo Charles, il Leeds si è privato anche di un’altra sua stella nella sua storia. Prima di approdare al Manchester United, dove ha giocato per dodici anni, diventando uno dei miti dell’Old Trafford, il difensore Rio Ferdinand era uno dei gioielli del Leeds. Fu venduto per fare cassa: il club lo aveva preso dal West Ham, altra squadra di Londra, nel Duemila, non a caso l’anno dell’impresa di San Siro, per 18 milioni di sterline, record del mondo per un difensore allora. Il Top Player rimase solo due anni perché il club era finito in dissesto: fu venduto ai Red Devils per 30 milioni, segnando ancora un altro record. Erano gli anni bui per il Leeds United: lo stesso anno fu costretto a vendere anche lo stadio. E la stagione dopo arrivò pure l’onta della retrocessione. L’Epoca d’Oro di Don Revie, l’allenatore che fece grande il Leeds, era ormai solo un lontano ricordo. I tifosi da decenni vivevano solo di nostalgia. C’è voluto un Italiano per ridare smalto a un club decaduto: Andrea Radrizzani. Il 46enne imprenditore milanese, tra i fondatori di Media Partners e della MP & Silva di Singapore, società di gestione di diritti sportivi, ha rilevato il club inglese nel 2017, comprandolo da Massimo Cellino. All’epoca, lo scetticismo e il pregiudizio che ogni italiano si porta dietro nel Regno Unito serpeggiavano tra i tifosi. In meno di quattro anni ha già raggiunto un record: è il primo presidente italiano di un club inglese ad arrivare cosi in alto, a un piazzamento (non definitivo) prestigioso nella arcigna Premier League. E pensare che il suo esordio come presidente fu disastroso e non lasciava presagire niente di buono: l’allenatore Gary Monk sbattè la porta in polemica con il nuovo padrone. Per Radrizzani fu uno shock. Oggi, invece, il presidente arrivato da Rho si gode il successo. Evidentemente Milano porta bene al Leeds. La componente italiana ha dato la sua impronta anche allo staff tecnico: tra i nomi compare anche quel Simone Farina, ex giocatore dell’As Gubbio 1910 (fondato nove anni prima del Leeds), il club dei miracoli (due promozioni di fila dalla vecchia C2 alla Serie B nel 2007-2009) e ambasciatore della Fifa per il “Fair Play”. Anche questo Leeds ha un che di miracoloso: è il Sassuolo della Premier League (ma con molta più storia e blasone). Senza grandi nomi, senza i costosi e famosi “top player”, con una forte dose di autarchia (9 giocatori britannici su una panchina di 21), il Leeds United targato Radrizzani sta riportando il calcio nello Yorkshire. L’imprenditore ha avuto la lungimiranza di farsi affiancare da un socio internazionale di peso: la famiglia americana York, proprietaria dei San Francisco 49ers, il club della Nfl: la holding 49ers Enterprises era entrata nel Leeds con una quota del 15% nel 2018 e a inizio 2021 è salita al 37% dell’azionariato. Un tempismo perfetto perché la salvezza ormai quasi matematica, significa per il club un giro d’affari di 260 milioni di sterline (quasi 300 milioni di euro). Un bel tesoretto per un club che fino alla stagione precedente languiva nella Serie B inglese.

La salsiccia di Bielsa

Poco prima del ponte sul fiume Wharfe a Tadcaster, dove già duemila anni fa gli antichi romani fondarono una colonia, chiamata Calcaria, per la vicinanza di cave di pietra (limestone), una tenda verde informa il passante che è arrivato alla Devine Meats, la macelleria “Carni Divine”. Un cartello avvisa che si può entrare solo uno alla volta: nel piccolo bancone ci sono decine di varietà di salsicce, la specialità dello Yorkshire. Appena però si nomina il Leeds United, il macellaio esibisce fiero una vaschetta con scritto “Bielsa Sausages”: “E’ una ricetta che ho inventato apposta in onore del nostro allenatore” esordisce Nick. E’ rossiccia e piccante perché ispirata al Chorizo, la tipica salsiccia argentina, “il paese di Marcelo”. Marcelo è Marcelo Bielsa, l’allenatore sudamericano che ha riportato il Leeds in Premier League. Nick è il più accanito tifoso del Leeds nell’incantevole villaggio di Tadcaster, quintessenza della campagna britannica, a metà strada tra York e Leeds. Il grande merito della proprietà italiana è di aver trovato un tecnico che ha motivato il club. Nick è andato di persona a Elland Road per omaggiare l’adorato allenatore della sua creazione gastronomica: ”Non mi hanno lasciato entrare per consegnargli le salsicce di persona, ma dopo qualche giorno, Bielsa mi ha scritto di persona una lettera di ringraziamento” si pavoneggia tutto orgoglioso.

Fonte: Il Sole 24 Ore