È l’ora di sperimentare nuovi paradigmi d’impresa e di management

In questi ultimi tempi stiamo assistendo in tutto il mondo a una crescente attenzione verso nuovi paradigmi d’impresa e di management. Si moltiplicano i consessi, le normative, le best practice. In particolare, si pone l’accento sulla necessità di imprenditori e di imprese più capaci di fare impresa in modo compatibile con le esigenze della società, dell’ambiente e dell’uomo. Imprese certamente solide dal punto di vista del business e in particolare dei risultati economici, ma anche con meno esternalità negative ambientali e sociali e quindi con un maggiore impatto economico e sociale.

Si tratta di istanze sicuramente corrette che però devono far parte di qualsiasi modello di business concepito per il medio e lungo termine. Infatti, se in un’ottica di breve periodo tutto può verificarsi (inclusi alcuni comportamenti opportunistici) nel medio e lungo termine la continuità aziendale, e quindi la durabilità di qualsiasi impresa, non può verificarsi mediante atteggiamenti non rispettosi degli interessi di tutti gli stakeholder (sia quelli interni che quelli esterni).

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L’idea è fare impresa all’interno di un nuovo framework concettuale in cui sapientemente coniugare economia, felicità, relazioni e bene comune, non tanto secondo una logica top-down, ma bottom-up che consenta di dare un nuovo spirito alle economie locali e globale. Imprese ed ecosistemi più virtuosi e inclusivi che producono common goods e benessere, coniugando profits e social impact nell’ambito di nuovi business models aventi veramente al centro le persone.

In altri termini, nella società si chiede sempre più una nuova cultura e una nuova “genetica imprenditoriale”, ma anche nuovi statuti, nuove architetture organizzative, nuovi principi di management, nuovi obiettivi e nuove metriche aziendali non esclusivamente economico-finanziarie e non esclusivamente di breve termine. Un modello economico e di impresa basato su più responsabilità e trasparenza verso le persone, stipendi più adeguati ma anche più partecipazione, dove di fatto gli interessi di molti prevalgono su quelli di pochi; soggetti anche più rispettosi delle comunità in cui si opera e orientati veramente a un’attività economica più socialmente responsabile.

Chiaramente tutte le imprese devono fare utili, devono essere innovative e flessibili, ma devono anche avere piani strategici di qualità che mettano al centro la persona. Le imprese devono essere agenti economici e sociali virtuosi capaci di rigenerare continuamente le persone che impiegano, le comunità e l’ambiente e in generale produrre benessere economico e sociale. Consumano risorse, ma devono anche rigenerarle, il tutto secondo una prospettiva di medio-lungo termine e meno individualistica.

Fonte: Il Sole 24 Ore