Effetto Covid: i piccoli borghi diventano sedi sostenibili dell’azienda diffusa

Ripensare e riprogettare spazi e uffici e riorganizzare le modalità di lavoro di molti addetti è uno degli imperativi a cui sono chiamate molte aziende a causa della Covid-19 e alle conseguenti misure di sicurezza previste da decreti, ordinanze e protocolli vari. Lo smart working è ormai un’abitudine quotidiana e la necessità di trovare un ambiente comodo e funzionale (che non sia la propria abitazione) per operare lontano dalla classica scrivania ha ispirato diverse iniziative votate all’offerta di luoghi e locations remote dove poter svolgere la propria professione. L’idea venuta ai fondatori della startup pisana HQVillage è sicuramente originale e parte dalla possibilità di valorizzare e riqualificare i borghi italiani, e in particolare quelli che più hanno risentito del fenomeno di spopolamento, facendoli diventare sedi aziendali diffuse attraverso una rete di proprietari immobiliari privati e un’ampia offerta di servizi a corredo.

Seconde case vuote da valorizzare

L’obiettivo di fondo di questo progetto, come spiega al Sole24ore.com uno dei co-founder di HQVillage, Federico Pistone, è quello di dare una nuova possibilità al tessuto dei piccoli comuni italiani mettendoli nelle condizioni di attrarre smart worker da tutta Italia e non solo. La soluzione che la startup suggerisce alle aziende (medie e grandi) che desiderano aumentare il benessere dei propri dipendenti o premiare quelli più meritevoli o ancora arricchire con soluzioni innovative la piattaforma di welfare esistente è, in altri termini, quella di dare vita a una sede remota (o a più sedi remote) in cui lavorare e vivere insieme alla propria famiglia. Borghi e territori a rischio depressione diventano quindi lo spazio dove dedicarsi al lavoro senza rinunciare a comfort e piaceri della vita, in base alle proprie esigenze e con la possibilità di spostarsi da un HQVillage a un altro. E se ai lavoratori è data la possibilità di poter scegliere dove e come vivere il proprio tempo, per i piccoli proprietari immobiliari l’opportunità è invece quella di valorizzare le seconde case o i fabbricati rurali non utilizzati, generando un flusso costante di reddito e contribuendo a valorizzare tutto il patrimonio del territorio. Una piattaforma che fa da matching, insomma, fra tutti gli elementi in gioco e che si apre alla diretta collaborazione con enti e amministrazioni locali (per costruire insieme il progetto da offrire alle aziende), realtà private come operatori di Tlc e utilities (i cosiddetti Green Smart Partners, a cui affidare la realizzazione di servizi a valore aggiunto) e il mondo dell’Università e della Ricerca (per aiutare i borghi ad essere sempre più 4.0).

Loading…

I criteri di selezione

La valutazione dei borghi e degli immobili da inserire nella piattaforma è uno dei cardini di HQVillage e vede non a caso coinvolto un team di professionisti (architetti, urbanisti, designer) specializzati nello sviluppo di progetti di valorizzazione di realtà in stato di abbandono. Sono infatti queste figure a definire gli standard tecnici, qualitativi, estetici e funzionali delle possibili sedi diffuse certificandoli come “best place to smart work”. Tutto ruota attorno al rapporto intrinseco tra territorio e individuo e di conseguenza sono considerati requisiti necessari una serie di servizi alla persona (già attivi o potenzialmente attivabili) presenti nel borgo, la sostenibilità ambientale delle strutture/ immobili (in linea con gli obiettivi dell’agenda dell’Onu) e le modalità di gestione degli stessi, che seguiranno le logiche di un albergo diffuso. E il ruolo di HQVillage? “Essere una guida – precisa in proposito Pistone – al fianco dei borghi e dei piccoli proprietari per seguirli passo dopo passo nel processo di certificazione, utilizzando tutti gli strumenti disponibili, dai bandi ai fondi nazionali, per adeguare, se necessario, gli immobili”. Per fare questo la startup opera con un modello “free” e “premium”, proponendo ai vari soggetti (aziende, comuni e proprietari di case) soluzioni gratuite o a pagamento che differiscono dall’intensità dell’intervento di consulenza e di analisi richiesto e dal livello delle prestazioni offerte da una rete di professionisti partner in fatto di marketing e promozione digitale e fisica dei luoghi e delle strutture.

Si parte da Piemonte, Toscana e Calabria

L’ubicazione dei “best place to smart work” riflette l’idea di avere più HQVillage sparsi su tutto il territorio italiano, con un occhio puntato (in prospettiva) anche verso l’Europa. Piemonte, Toscana e Calabria sono le prime regioni dove il progetto ha preso vita e l’obiettivo è quello di arrivare, entro fine anno, a 300 lavoratori attivi in almeno tre borghi della Penisola. La durata dei soggiorni varia in funzione dalla soluzione confezionata su misura sulle esigenze dell’azienda cliente: il taglio suggerito va dai 3 ai 6 mesi e il costo dell’affitto è legato alla tipologia dell’immobile e dei servizi aggiuntivi richiesti (per esempio convenzioni con ristoranti, palestra e attività sportive, asilo e baby-sitting, pacchetti esperienziali e altro ancora). Il pagamento del fee richiesto per ogni dipendente è mensile (come fosse un affitto) mentre tutti i servizi che il borgo può proporre e che non sono presenti nel pacchetto gestito da HQVillage sono a carico in modo indipendente del singolo ospite.

Fonte: Il Sole 24 Ore