Equo compenso: le tre armi in arrivo contro i maxiribassi nelle parcelle

1 fare ricorso e chiedere il ricalcolo del compenso che il giudice liquiderà facendo riferimento ai parametri stabiliti nei decreti. In più potrà chiedere un indennizzo;

2 potrà rivolgersi al proprio Ordine per un parere di congruità, che diventerà esecutivo solo se la controparte non si oppone;

3 possibile anche una class action promossa da Ordini o associazioni più rappresentative.

I parametri

Restano centrali gli importi stabiliti per ogni attività dai decreti ministeriali. Oggi per molti professionisti, tra cui commercialisti e le professioni tecniche, il riferimento è al Dm 140/2012. Decreti ad hoc sono stati invece varati per avvocati, consulenti del lavoro e professioni sanitarie (si vedano le schede in basso). In tema di parcella, non necessariamente legata all’equo compenso, gli avvocati possono anche contare su una recente sentenza di Cassazione (la 19427 dell’8 luglio) che ha stabilito che il legale può esigere il pagamento dell’onorario con un parere di congruità dell’Ordine da presentare al giudice per ottenere il decreto ingiuntivo, senza passare per una causa ordinaria. Con la proposta Meloni i parametri sono previsti anche per le professioni non regolamentate, sempre con aggiornamento biennale.

Le reazioni

Il compromesso raggiunto in Commissione giustizia lascia ancora scontenti i rappresentanti delle categorie. A deludere è in particolare il raggio di applicazione, che non ricomprende tutta la clientela. Per i commercialisti, in più, è importante aggiornare gli attuali parametri. «Molte nostre nuove attività non sono previste – afferma Giorgio Lucchetta, consigliere del Cndcec -. Pensiamo ad esempio alle asseverazioni, al bilancio sociale o di sostenibilità, e alla consulenza strategica alle imprese. Per non parlare dei valori, non più adeguati». Per Francesco Duraccio, vicepresidente dei consulenti del lavoro, «la proposta va nella giusta direzione perché limita le diseguaglianze tra lavoratori, ma l’equo compenso deve potersi applicare a tutte le imprese a prescindere dalla loro dimensione». Una richiesta portata avanti anche da Professionitaliane (la sigla che riunisce Cup e Rpt).

Fonte: Il Sole 24 Ore