Facebook abbandona le sue ambizioni sulle cripto, Diem vicino alla dismissione

Un Progetto nato male, che sta finendo anche peggio. Facebook sta preparando la dismissione degli asset relativi a Diem, il suo progetto di criptovaluta che in origine si chiamava Libra. Un’operazione che di fatto decreta un fallimento, per Facebook, e per le sue ambizioni di diventare player importante anche nel mondo delle criptovalute.

Secondo diverse fonti molto autorevoli, la Diem Association – che è stata lanciata da Facebook nel 2019 ed è supportata da 25 aziende e gruppi senza scopo di lucro – sta per chiudere. O forse è meglio dire, sta per essere ceduta.

Secondo il Wall Street Journal, gli asset in mano a Facebook potrebbero finire nelle mani di Silvergate Bank, per 200 milioni di dollari. E sarebbe più che altro un modo per ripagare i fondatori dell’iniziativa, che inizialmente hanno stanziato 10 milioni di dollari per farne parte.

È una storia dal finale quasi scontato, quella di Diem. Perché il progetto di criptovaluta di Facebook era nato sotto pretese poco confortanti. In principio si chiamava Libra, e doveva essere un grande progetto. Ma nel giro di pochi mesi, molti sostenitori dell’iniziativa – da PayPal a eBay, da Visa, a Mastercard, abbandonarono il progetto. Perché le pressioni e le preoccupazioni dei regolatori sull’impatto di una criptovaluta ideata da Facebook hanno fatto terra bruciata attorno al progetto.

Eppure Zuckerberg ci ha provato. E nel dicembre del 2020 è arrivato il rebranding, con Diem. Un cambio di marchio nello sforzo di enfatizzare l’indipendenza e trasparenza del suo travagliato progetto di divisa digitale. L’idea – anche per placare le pressioni istituzionali – venne ripensata, e diventò quella di lanciare uno stablecoin sostenuto dal dollaro Usa. Il debutto sul mercato, però, non è mai avvenuto. Il progetto non è ancora riuscito a ottenere l’approvazione delle autorità di regolamentazione statunitensi e David Marcus, il fondatore dell’iniziativa, ha lasciato Facebook qualche settimana fa.

Fonte: Il Sole 24 Ore