Falso su documento informatico per la prof che abbassa i voti nel registro personale

Falso informatico in atto pubblico per la professoressa che, in vista degli scrutini, abbassa i voti dell’allieva relativi a prove che la studentessa ha sostenuto. Ininfluente ai fini del reato contestato il fatto che nel registro del professore manchi la firma elettronica, come non conta la discrezionalità del docente nello stabilire i voti. La Cassazione (sentenza 34479) boccia la linea difensiva sostenuta dalla professoressa di Scienze Umane di un istituto tecnico superiore, condannata, inizialmente per falso in atto pubblico, poi riqualificato nel reato informatico previsto dall’articolo 491-bis del Codice penale.

Alla base della condanna, anche a pagare i danni alla studentessa parte civile, la revisione al ribasso sul registro del professore, proprio in prossimità degli esami, del risultato di due sole verifiche, una scritta una orale. Senza successo l’insegnante tenta di negare il reato facendo un distinguo tra registro di classe e registro del professore.

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Registro di classe e del professore

Secondo la difesa, infatti, solo il primo, avrebbe avuto una rilevanza giuridica come atto pubblico, mentre la stessa cosa non si poteva dire per il registro del professore, non oggetto di una disciplina specifica. Una lettura del tutto sbagliata secondo la Suprema corte, la quale ricorda che il registro del professore è espressamente previsto dall’articolo 41 del Regio decreto 965/1924 con l’indicazione “giornale di classe” va tenuto da ogni professore ed è diverso dal “diario di classe” che riguarda tutti gli studenti e sul quel si succedono le attestazioni dei vari insegnanti per tutte le materie. Ma qui finiscono le differenze perchè anche il registro personale, sottoscritto da un pubblico ufficiale che annota assenze, mancanze degli allievi, esercizi, voti ecc. è un atto pubblico.

Il documento informatico e la firma digitale

Né a non far ricadere la condotta contestata nel raggio d’azione del reato informatico – commesso su un documento che ha efficacia di prova – è utile l’argomento speso dalla ricorrente sull’assenza della firma digitale. La Cassazione ricorda, infatti, che secondo il Codice dell’amministrazione digitale i documenti informatici con firma digitale hanno efficacia probatoria privilegiata, ma l’assenza di questa sottoscrizione non esclude il loro valore di prova e il giudice è libero di considerarla. E, nel caso esaminato, i giudici considerano fuor di dubbio che il registro in questione «rientri nella nozione di atto pubblico rilevante ai fini dell’integrazione dei reati in materia di falso in atto pubblico».

La discrezionalità solo tecnica

Non passa neppure la tesi della discrezionalità del docente, le cui valutazioni anche se trasfuse in un giudizio nel documento, non sarebbero idonee a provare un fatto. I giudici di legittimità spiegano invece che il giudizio in questione non può essere considerato il frutto di una valutazione assolutamente discrezionale ma solo tecnica, perchè da compiere facendo riferimento, anche implicito, a previsioni normative che dettano criteri di valutazione.

Fonte: Il Sole 24 Ore