Generazioni diverse in azienda, così si migliora il clima
Se è vero che la tecnologia, come anche lo stile, le aspettative e le modalità di comunicazione sono molto distanti, la presenza e la collaborazione di generazioni diverse in azienda può portare a un miglioramento significativo dell’esperienza lavorativa e dell’atmosfera di lavoro, pur non mancando aspetti critici.
La ricerca
A raccontare il crocevia di generazioni che c’è oggi nel mercato del lavoro, con i più esperti che restano in azienda più a lungo anche come conseguenza delle riforme pensionistiche e la Gen Z che irrompe con nuove energie, è uno studio globale realizzato da Indeed e YouGov, che ha coinvolto 11.006 lavoratori e 5.600 recruiter in 9 Paesi (Italia inclusa): quello che emerge è che una forza lavoro multigenerazionale migliora significativamente l’atmosfera e l’esperienza sul posto di lavoro, come sostiene il 71% dei lavoratori e il 78% dei recruiter italiani. Ma non è tutto qui: la maggior parte dei datori di lavoro che può contare su un team intergenerazionale concorda nel riconoscerne impatti positivi anche su produttività (81%) e performance (77%) aziendali. Gianluca Bonacchi, Talent Strategy Advisor di Indeed osserva che «la diversità generazionale non è solo una realtà del mercato del lavoro odierno, ma una vera e propria risorsa strategica. Un mix di generazioni porta prospettive diverse, idee fresche e una combinazione vincente di esperienza e innovazione, elementi che potenziano creatività e problem-solving. È un circolo virtuoso: le persone con più seniority condividono la loro esperienza e le loro conoscenze consolidate, mentre i più giovani apportano nuova energia e competenze tecnologiche. Questa interazione, se ben gestita, crea un ambiente dinamico di apprendimento reciproco. La sfida è trasformare le differenze in punti di forza, valorizzando ogni contributo per il successo».
Le criticità dei team multigenerazionali …
Non che sia tutto positivo quando si parla di collaborazione tra generazioni. Tra i problemi principali emergono innanzitutto i diversi livelli di capacità di utilizzo della tecnologia, come spiegano il 31% dei datori di lavoro e il 30% dei lavoratori. E poi gli stili e le aspettative di comunicazione differenti, di cui parlano il 32% dei lavoratori e il 27% dei datori. A complicare ulteriormente il quadro sono lo scontro di opinioni e i punti di vista contrastanti di cui parla un quarto degli intervistati, così come gli stereotipi legati all’età che vengono indicati da uno su cinque. Ad esempio, la Gen Z viene spesso tacciata di essere eccessivamente dipendente dalla tecnologia e di essere disimpegnata (41% lavoratori; 33% datori), mentre i Baby Boomer sono percepiti come privi di flessibilità (32% lavoratori; 30% datori) e avversi al rischio (24% lavoratori; 24% datori).
… e i vantaggi
Nonostante le criticità, i team multigenerazionali portano benefici tangibili e strategici. La condivisione di conoscenze, con giovani e meno giovani che imparano reciprocamente, è riconosciuta dal 50% dei lavoratori e dal 51% dei datori di lavoro. Questa sinergia porta a una vera e propria ricchezza di esperienza, evidenziata dal 45% dei lavoratori e dal 44% dei datori di lavoro. Inoltre, contribuisce a creare un ambiente di lavoro più diversificato (per il 43% dei lavoratori e il 46% dei datori di lavoro) e stimola l’innovazione grazie alle diverse prospettive: questo è vero per il 39% dei lavoratori e per il 43% dei datori di lavoro.
Fonte: Il Sole 24 Ore