I manager e quel sogno di un ritorno all’era pre-Covid

Great resignation e quiet quitting? Tendenze quasi “superate”. O per meglio dire: altri modelli si stanno affacciando sul mercato del lavoro italiano, dopo che in altri Paesi hanno già trovato significativi spazi per affermarsi, complicando ulteriormente il compito dei manager Hr, già parecchio sollecitati dal processo di trasformazione irreversibile di alcune professioni, dalle nuove esigenze dei dipendenti e dagli impatti dell’avanzata progressiva dell’intelligenza artificiale.

Quello che gli addetti ai lavori chiamano “boomerang employees” è un fenomeno che interessa in modo particolare tutti quei professionisti che sono tornati a occupare (o si accingono a farlo) il posto di lavoro ricoperto prima dello scoppio della pandemia di Covid-19. Secondo un sondaggio condotto fra Regno Unito, Irlanda e Stanti Uniti su oltre 3mila professionisti da Robert Walters (multinazionale attiva nel campo della ricerca e selezione di figure di middle e senior management ed executive), il 71% degli intervistati afferma di essere allettato dall’idea di tornare nell’azienda per cui lavorava prima dell’era Coronavirus, solo 18 mesi dopo averla lasciata.

La stessa indagine ha messo fuoco anche altri parametri alla base dei cambiamenti di scenario: a motivare il 45% dei professionisti dimessisi con il lockdown, per esempio, è stato uno stipendio più allettante, mentre nel 35% dei casi è prevalsa la voglia di cercare una cultura aziendale più allineata ai valori personali. Il 48% dei professionisti ammette inoltre che l’azienda nella quale è attualmente impiegato non soddisfi più le proprie aspettative e, di questi, uno su quattro conferma come il modello di lavoro da remoto non risulti più così attraente.

La situazione, nel suo complesso, è molto liquida e per certi versi contradditoria, dove a una certa predisposizione al tornare sui propri passi fa eco una maggiore propensione al turnover dei talenti più preparati e ricercati che – come osserva Davide Maccagni, Country Director di Robert Walters Italia – cambiano impresa ogni 6-12 mesi alla ricerca di un piccolo miglioramento salariale o di benefit, senza alcun tipo di impegno o senso di appartenenza. Quanto alla diffusione del fenomeno del “boomerang employee” in Italia, è oggettivo il fatto che il fenomeno stia gradualmente guadagnando popolarità, anche se non esistono dati specifici sulla sua effettiva penetrazione. «In generale – osserva il manager – il nostro Paese ha una cultura lavorativa tradizionalmente legata alla stabilità e alla fedeltà all’azienda, anche se negli ultimi anni si è verificato un cambiamento nel mercato del lavoro, con un aumento della mobilità professionale e una maggiore considerazione per l’acquisizione di esperienze diverse».

Il quadro descritto da Robert Walters, in definitiva, può essere così riassunto. I “boomerang employees” italiani lasciano l’azienda per svariati motivi, come la ricerca di nuove opportunità di carriera, migliori condizioni economiche e di responsabilità professionale o la volontà di acquisire competenze aggiuntive, ma sono successivamente attratti dal ritorno nell’organizzazione se si presentano ai loro occhi vantaggi quali una cultura aziendale positiva o la possibilità di sfruttare le competenze precedentemente acquisite. Non sorprende quindi che l’82% dei professionisti intervistati abbia ammesso di aver mantenuto i contatti con il precedente manager nel corso dell’ultimo anno (il 29% conferma di averlo fatto relativamente a nuove opportunità di lavoro) e che solo un professionista su cinque abbia chiuso completamente la porta al proprio ex datore di lavoro o abbia interrotto i contatti con il proprio ex responsabile.

Fonte: Il Sole 24 Ore