Il principio della rockstar applicato al mondo del lavoro

La pandemia sta travolgendo gran parte delle prassi professionali e manageriali di molte aziende. Eppure, nella maggior parte di esse, più si comunica l’intenzione di cambiare con programmi titolati in modo roboante quali New Way of Working, più sembra che il cambiamento rimanga nel titolo, e non scenda mai a terra. Emergono veri e propri paradossi. Alcune volte perché si parte dagli strumenti, invece che concentrarsi sulle persone. Il classico caso è quello che mi piace definire Smart Paradox: non abbiamo mai avuto così tanti strumenti di smart working, e non siamo mai stati così poco smart worker.

In altri casi il paradosso nasce perché si cerca di cambiare tutto insieme, ma occasionalmente, di tanto in tanto. In questo caso, ci troviamo dentro l’Innovation Paradox: non si è mai parlato così tanto di innovazione, e non si mai finto così tanto di farla. Si organizzano mega programmi per stimolare l’”Innovation Mindset a 360 gradi” per migliaia di persone, attività come il “venerdì dell’innovazione”, il “box delle idee creative”, o le temutissime e famigerate “10/100/1000 regole per innovare”.

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Eppure l’innovazione, quella vera, presenta caratteristiche abbastanza nitide, che si rivelano assai lontane da ciò che la maggior parte delle aziende sta facendo (finta di fare). Innanzitutto, chi innova sono gruppi di poche persone fuori dal coro. Estremamente motivate, che si fidano le une delle altre, dannatamente performanti, e appunto, poche. In tanti si diventa subito lenti, e la lentezza è un problema. Non perché si ami la velocità fine a sé stessa, ma perché se non sei rapido nel partire e procedere, dopo un po’ o arrivano le policy a ingabbiarti le idee, o arrivano “altre priorità” su cui mettere la testa.

La velocità è destrezza, e senza destrezza l’innovazione perde la sfida delle priorità contro le incombenze quotidiane. A questo riguardo, è interessante riprendere alcuni brani di un libro ultimamente stracitato (anche dal sottoscritto): No Rules Rules, del fondatore di Netflix Reed Hastings e la consulente Erin Meyer. A un certo punto, Hastings tratteggia quella che definisce “il principio della rockstar”. Un concetto che nasce intorno al 1968 nell’industria del software e si basa su uno studio effettuato in un seminterrato di Santa Monica.

Nove programmatori neoassunti vennero portati in una stanza con decine di computer. Ognuno si vide consegnare una serie di compiti di codifica e debugging che avrebbero dovuto affrontare nelle due ore seguenti. I ricercatori si aspettavano di scoprire che i migliori dei 9 avrebbero dimostrato prestazioni 2 o 3 volte superiori dei peggiori. Invece, i migliori superarono gli altri in maniera straordinaria. Il migliore in assoluto si rivelò rispetto ai peggiori: 10 volte più rapido nell’esecuzione dei programmi, 20 volte più rapido nella codifica, 25 volte più rapido nel debugging.

Fonte: Il Sole 24 Ore