Il ricamo come atto politico: dalle Suffragette al craftivism, l’impegno passa da ago e filo

Nascita e crescita del “cratfivism”

I ricami delle Suffragette anticipavano quello che nel 2003 sarebbe stato codificato come “craftivism” dalla scrittrice Betsy Greer, cioè un attivismo politico fatto anche attraverso occupazioni di tipo domestico come il cucito, la maglieria e appunto il ricamo. Su piattaforme come Etsy, negli ultimi anni gli esempi di craftivism si sono moltiplicati esponenzialmente, soprattutto dopo il lockdown che ha generato una potente riscoperta di attività manuali, anche come via al benessere psichico: Rebel Embroidery Italy propone kit per ricami di ispirazione femminista, come The Feminist Stich o Hook Needle and Soul, solo per citare tre di centinaia di casi.

Ricami anti Trump anche sui centrini della nonna

Ma la dimensione del ricamo politico non resta un affare privato: “Tiny Pricks Project” era il nome del progetto dell’artista tessile Diana Weymar, che durante la campagna per le elezioni presidenziali statunitensi del 2020 ha pubblicato sul suo profilo Instagram i suoi lavori, le frasi più incredibili di Donald Trump (per esempio, “I am a very stable genius”) ricamate su fazzoletti di lino, cuscini o centrini della nonna.

La stessa forma di protesta contro Trump era stata condivisa da Hannah Hill e Shannon Downey, artista molto nota e seguita su Instagram con il suo profilo @Badasscrossstitch, in cui propone i suoi lavori di ricamo di protesta politica. Lei, d’altra parte, si autodescrive così: «Sono queer, anti-razzista. femminista, anticapitalista, impegnata politicamente. La mia arte generalmente si staglia contro supremazia bianca, patriarcato e capitalismo». Era lei che nel 2017 divenne virale nei social con il suo ricamo “Boys Will Be Boys”, creato per il movimento #MeToo e indossato poi da celebrità varie come Emily Ratajkowski, Willow Smith e Zoë Kravitz. Sempre negli Stati Uniti, a Philadelphia, Stacey Lee Webber ricama da oltre dieci anni le banconote dei dollari e il suo più recente progetto si intitola “Insurrection Bills”, dove reti protettive, mattoni e fiamme davanti alla Casa Bianca, ma anche passamontagna cuciti sui volti dei presidenti, raccontano il dramma dell’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021.

Progetti artistici e collettivi in tutto il mondo

Ricami che sono arte, come quelli dell’irlandese Ursula Burke, che nel 2017 ha presentato il suo lavoro “Embroidery Frieze (The Politicians)”, dove su pannelli ispirati a ricami d’epoca barocca erano rappresentati momenti di protesta contro politici, presi da tutto il mondo.

C’è poi l’interessante lavoro di ricerca di Rachel Dedman sulle implicazioni e significati politici dei ricami delle donne palestinesi pre e post 1948, l’anno della nascita dello stato di Israele, intitolato “At the Seams: A Political History of Palestinian Embroidery”, che è stata anche una mostra a Beirut, mentre Rufina Bazlova, artista bielorussa, racconta con i ricami in bianco e rosso, colori tipici del Paese, la resistenza alla repressione del governo. Fili che catturano e insieme liberano, come quelli dei ricami e delle opere tessili raccolte nella piattaforma Stitched Voices, che negli anni scorsi ha raccolto progetti di protesta tessile in Paesi e aree di conflitto come il Nord Irlanda, il Cile, il Messico, ma anche il Galles. Gli aghi hanno finalmente smesso di pungere solo le dita: il loro obiettivo oggi sono menti, cuori e coscienze.



Fonte: Il Sole 24 Ore