Inclusività, digitale, periferie: così le sfilate preparano il loro futuro post-pandemia

«Ieri ero domani. Domani sarò ieri. Cosa sono?»: con questo enigmatico teaser Gucci anticipa il nuovo progetto Vault, che sarà presentato con un evento speciale a Milano il 25 settembre, durante l’imminente fashion week. L’interrogativo, in realtà, può essere esteso alle stesse settimane della moda, che in tutto il mondo stanno riscoprendo il gusto della presenza dopo la costrizione alla versione digitale delle passerelle causa pandemia.

«Cosa sono», dunque, le fashion week di oggi e come saranno in futuro? Forzate all’innovazione, sospese fra formule consolidate e desiderio di nuovi formati, oggetto di nuove e diffuse sensibilità che richiedono inclusività e diversità, ben oltre le strategie di marketing dei marchi: le settimane della moda sono in piena evoluzione, come dimostrano i calendari e gli eventi delle fashion week dedicate alla PE 22, attraversati da tendenze già evidenziate e condivise o appena delineate.

Loading…

L’inclusività dai molti volti

Partiamo dall’inclusività, tema che permea da tempo l’industria della moda, con una novità che riguarderà Milano: promuovere le proposte di designer sudafricani è l’obiettivo del progetto “Fashion Bridges – I Ponti della Moda”, in collaborazione con la South African Fashion Week. Ma inclusività vuol dire anche essere più vicini ai clienti finali. Su questo uno spunto interessare viene da Shanghai, dove molte sfilate si tengono due volte: la prima per buyer e stampa, la seconda per studenti e clienti. Nella fashion week di Berlino, che si è chiusa due giorni fa, il Fashion Council Germany e l’amministrazione della città hanno lanciato il progetto Studio2Retail, che ha incluso, appunto, showroom, negozi, atelier dove designer, buyer e clienti finali hanno dato vita a un laboratorio diffuso su temi come l’economia circolare.

La città si espande

Studio2Retail ha coinvolto le aree non centrali della città, un altro aspetto dell’inclusività perfettamente riconoscibile anche a New York: la stagione favorevole, la preferenza per location all’aperto, ma anche un diffuso desiderio di coinvolgere la città ha portato Tory Burch a organizzare la sfilata lungo Mercer Street, a SoHo, dove si trova il suo nuovo concept store, ma altri eventi sono stati organizzati in quartieri periferici come Bushwick e Gowanus. In ottobre la fashion week di Seul, ancora interamente digitale, punterà sulla bellezza delle location, a partire dal Dongdaemun Design Plaza di Zaha Hadid, inaugurato nel 2014 proprio per ospitare la manifestazione, e dall’antico palazzo Gyeongbokgung.

Si stringono i rapporti con il tech

Il legame della fashion week con attori della tecnologia non è mai stato così intenso: Amazon ha passato il testimone di sostenitore della Tokyo Fashion Week a Rakuten, un’altra piattaforma e-commerce, e a giugno Zalando ha firmato una partnership di tre anni con la Copenhagen Fashion Week (Cfw). Ma sono soprattutto le piattaforme di pagamento dilazionato a cercare oggi visibilità attraverso le sfilate: New York ha stretto un accordo con Klarna, Milano apre la sua collaborazione con Scalapay e Londra con Clearpay, che sostiene anche un progetto dedicato ai giovani talenti.

Fonte: Il Sole 24 Ore