«La bandiera italiana perde il 3% di navi l’anno per colpa della burocrazia»
La bandiera italiana sta perdendo navi iscritte al registro a un ritmo di circa il 3% l’anno, da ormai molto tempo. A lanciare l’allarme è Confitarma, per bocca del suo direttore generale, Luca Sisto, che richiama, e approfondisce, quanto segnalato dal presidente dell’associazione, Mario Zanetti, nel corso dell’ultima assemblea pubblica, in ottobre. Nel mirino c’è la burocrazia che rende molto più complicato e costoso registrare una nave in Italia, rispetto ad altri Paesi dell’Unione europea.
«Il Registo navale internazionale e la tonnage tax (agevolazione che permette, alle imprese marittime, di avere un regime opzionale forfetario di tassazione per le navi) sono il pilastro fondamentale – chiosa Sisto – per poter navigare con la bandiera italiana e gestire la flotta dall’Italia. Sono condizioni necessarie, insomma, per avere un’industria marittima nazionale; però non sono più condizioni sufficienti. Prova ne è che, pur col registro internazionale, pur con la tonnage tax, la flotta italiana sta diminuendo di un 3% l’anno circa. Perché? La risposta Confitarma l’ha individuata: perché abbiamo un apparato burocratico di registrazione delle navi, in Italia, che costa ormai 300-400mila euro in più, a nave, rispetto a bandiere europee e nostri competitor che hanno regimi amministrativi simili o uguali a quelli che abbiamo noi, cioè registro e tonnage».
Dal 2010 uscite dalla flotta 458 unità
In effetti, guardando le tabelle messe a punto dall’ufficio studi di Confitarma, negli ultimi 15 anni, si vede che la flotta tricolore nel 2010 era ancora in espansione: contava 1.664 unità (+6% sul 2009) pari a 17,3 milioni di tonnellate di stazza lorda (+10%). Già nel 2011, però, inizia il calo: le navi scendono a 1.619 (-3%) mentre il tonnellaggio sale ancora (+8%, a 18,7 milioni: quindi meno unità ma più grandi). La situazione si ripete nel 2012 con -2% di navi (a 1.581) e +2% di tonnellate (19,1 milioni). Ma dal 2013 inizia una discesa sia del numero assoluto di scafi (-1%, a 1.564), sia del tonnellaggio (-2%, a 18,6 milioni) che non si è più fermata. Nel 2024 (ultimo dato disponibile) le navi battenti bandiera italiana sono arrivate a 1.206 (l’anno prima erano 1.237) e la stazza lorda è calata 12,5 milioni di tonnellate (erano 12,7 milioni nel 2023). Dal 2010, insomma, sono uscite dalla flotta 458 unità.
Per porre un freno a questa caduta, «evidentemente – afferma Sisto – dobbiamo lavorare su tutte quelle condizioni di gestione della nave, sotto bandiera italiana o da parte di una società che ha sede in Italia, che non sono più in linea con la competizione dei mercati europei e internazionali. Occorre un patto nazionale per semplificare. E dico semplificare, non deregolamentare; perché le regole noi le vogliamo, ma le vogliamo identiche a quelle che hanno altri Paesi».
«Registrare una nave italiana? Un inferno»
Registrare una nava italiana, aggiunge, «è un inferno. Ad esempio, se non lo fai di giovedì ma ti capita di venerdì e devi mettere insieme i permessi di quattro amministrazioni, rischi di tenere ferma la nave tre giorni in porto senza bandiera, cosa che in un altro Paese marittimo non avviene perché con una mail con un pdf risolvi tutto. Questo avviene a Malta, a Madeira, a Cipro. In Italia no, se sei all’estero devi andare in un consolato che ti rilascia il passavanti provvisorio. E se il consolato è chiuso o magari deve fare i visti per i turisti, non dà neanche l’appuntamento al comandante e quindi la nave non può prendere la bandiera e non si può iscrivere la registro di bandiera. È roba da matti, che non esiste in nessun’altra parte del mondo».
Fonte: Il Sole 24 Ore