La coesione dei team sarà ancora indispensabile con il lavoro ibrido?

Il Metaverso rappresenterà, secondo gli esperti, un punto di svolta per l’evoluzione del lavoro ibrido, un mondo digitale e immersivo che ci offrirà una sorta di trasposizione dalla realtà fisica a quella virtuale. A tal riguardo Satya Nadella, amministratore delegato di Microsoft, ha affermato che il Metaverso non può sostituire la compresenza fisica, ma potrebbe rappresentare, grazie alla tecnologia, una nuova possibilità nell’organizzazione del lavoro, offrendo più opzioni e flessibilità su come incrociare la connessione umana e la connettività.

In un contesto del genere parlare di coesione potrebbe apparire persino anacronistico, considerando che probabilmente dovremo sviluppare nuove capacità di interazione con gli avatar di colleghi, capi e collaboratori. Nel frattempo, lo scenario inedito che le aziende si trovano ad affrontare nel bel mezzo di una pandemia, tra tensioni geopolitiche e grandi dimissioni, impone una riflessione profonda sulle possibili azioni da condurre per favorire un maggior livello di coesione tra le persone che lavorano.

La sfida si fonda sulla possibilità di trasformare o creare ambienti di lavoro dove gli individui possano trovare risposte soddisfacenti alle proprie ambizioni e al desiderio di realizzazione personale, attraverso un ripensamento dell’organizzazione, degli strumenti e degli spazi fisici. Un ventina di anni fa, in un bel libro intitolato Passioni fuori corso, Pier Luigi Celli – manager, esperto di organizzazione e saggista – affermava testualmente che quando si toglie ai dipendenti di un’azienda la possibilità di entrare in una storia che gli prenda l’anima, o peggio, gli si invalida il pensiero che esista una prospettiva in cui crescere personalmente, intrecciare percorsi, tentare avventure, il rischio non è tanto quello di veder deperire senza volto la propria gente, rassegnata sullo sfondo, ma molto di più quello di condannare l’azienda a inaridirsi, affidata a singolaristi magari di talento, ma senza un tessuto che regga il futuro.

In questo periodo, per chi lavora in modo ibrido, in effetti può risultare difficile “intessere” relazioni senza condividere lo stesso spazio fisico, con una distanza che diventa più accentuata quando le persone che lavorano in ufficio vengono considerate un gruppo a parte rispetto a chi lavora in remoto e che spesso può sentirsi isolato. Per tale motivo, oggi la coesione emerge in tutto il suo valore come la somma delle motivazioni che spingono i singoli a restare nel gruppo, motivazioni senza le quali il gruppo si disgrega. Un valore che porta ciascuno a mettere da parte i propri obiettivi, utilizzando le proprie energie per conseguire un risultato che non è prettamente individuale.

Tuttavia, in molti progetti aziendali attualmente non si alimenta la coesione, ma solo una forma di arida compartecipazione tra colleghi che operano in larga parte in modo indipendente. Inoltre, lavorando da remoto, diventa quasi impossibile interagire al di fuori del lavoro – cosa che favorisce un buon grado di coesione – e il rapporto tra colleghi spesso si riduce a freddi scambi professionali attraverso un utilizzo, talvolta eccessivo, di tecnologia (e-mail, chat e sistemi di social media aziendali).

Fonte: Il Sole 24 Ore