La governance dell’innovazione, la sovranità digitale sotto i cieli agitati del cloud

Nvidia ha annunciato una “collaborazione pluriennale” con Microsoft per costruire «uno dei supercomputer per l’intelligenza artificiale più potenti al mondo», progettato per gestire gli enormi carichi di lavoro di elaborazione necessari per addestrare gli algoritmi di machine learning. Sarà il primo cloud pubblico – l’infrastruttura è Azure – a incorporare l’intero kit Ai di Nvidia: Gpu, networking e software. Se chiedete a un tecnologo europeo cosa ne pensa vi dirà che è una di quelle notizie che segnano l’ennesima fuga in avanti dei cloud provider extra-europei. Il supercomputer potrebbe infatti essere utilizzato per «ricercare e accelerare ulteriormente i progressi nell’Ia generativa», come Dall-E e Stable Diffusion che utilizzano algoritmi di autoapprendimento per creare una vasta gamma di contenuto, come testo, codice, immagini digitali, video e audio.

Secondo le stime di Synergy Research Group, la spesa globale per i servizi di infrastruttura cloud nel terzo trimestre dell’anno è schizzata a 57 miliardi di dollari. Con Amazon, Microsoft e Google che da sole rappresentano i due terzi dei ricavi e con
i primi otto maggiori fornitori che controllano oltre l’80% del mercato.

Senza volere essere troppo sovranisti di questi otto giganti due sono cinesi
e sei statunitensi.

Intanto la squadra di Gaia-X, l’associazione che sostiene la sovranità digitale per l’Europa, si arricchisce di un nuovo membro: la Banca centrale europea. Un anno fa è nata la Cloud Alliance europea voluta dalla Commissione europea. Entrambe le iniziative nascono per offrire una soluzione alla frammentazione del mercato europeo del cloud. Ma le cose non stanno andando benissimo.

Qui da noi ci sarebbe il polo strategico nazionale (Psn) del cloud, voluto dall’ex ministro Vittorio Colao, che ha lanciato l’iniziativa di costituire un “campione nazionale” per gestire il cloud della pubblica amministrazione e i connessi servizi. Il dossier è in mano alla società di progetto omonima partecipata da Tim (45%), Leonardo (25%), Cdp (20%) e Sogei (10%) e guidata dall’amministratore delegato Emanuele Iannetti. I campioni nazionali sembrano piacere molto al nuovo governo ma ci si domanda se non serva una spinta politica più decisa perché il progetto vada in porto. A regime, il polo dovrà portare il 75% delle amministrazioni italiane a utilizzare i servizi cloud entro il 2026. Non sembra ma i tempi sono stretti, anzi strettissimi. E la scelta di non avere un ministero dell’innovazione dedicato potrebbe non aiutare. A monte però le domande sono altre. Siamo sicuri che il cloud e i relativi servizi non siano un affare troppo complesso per essere gestito da una società in house? E ancora più monte: esiste ancora un sovranismo digitale made in Europe?

Fonte: Il Sole 24 Ore