La maglia della felicità: il boom del knitting come antidoto alla pandemia

In Antartide ci sono cinque gruppi, quanti quelli sull’isola di Guernsey, nel canale della Manica, e ce n’è uno anche in quella di Pitcairn, 4,6 km quadrati nel mezzo dell’Oceano Pacifico. Sono i gruppi degli appassionati di ferri e gomitoli che si radunano per nazioni su Ravelry, il social network dedicato ai knit lovers con base negli Stati Uniti e 10 milioni di utenti. Un popolo che cresce costantemente, da quando il lavoro a maglia è uscito dalla sua nicchia di passatempo della nonna ed è diventata passione cool, diffusa ampiamente anche fra i Millennial, attività che favorisce il benessere psico-fisico, ispirazione per le mete di tour operator specializzati e simbolo di impegno ambientalista, persino politico.

A sostenere questo nuovo successo è stata anche la pandemia: nella solitudine domestica imposta dal lockdown dare vita a una sciarpa o a un maglione ha consentito di far passare lunghe ore, e il lavoro delle mani ha aiutato a contenere l’inquietudine ansiosa della mente. Per questo un anno fa in Gran Bretagna The Campaign for Wool, associazione fondata dal principe Carlo per diffondere la cultura della lana, ha lanciato la campagna “Knit Together”, un invito ai cittadini a lavorare con i ferri nelle proprie case, come una sorta di collettivo nazionale, unito nella distanza. I movimenti ripetitivi delle mani rilasciano serotonina dal potere calmante, che migliora l’umore, combatte il senso di solitudine e aumenta la consapevolezza di fare qualcosa di utile.

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A sostenerlo è la Harvard Medical School, che ha anche calcolato come lavorare a maglia rallenti di 11 battiti al minuto il ritmo del cuore, elevando l’attività a veicolo di preziosa mindfulness, la capacità di concentrarsi sui doni del presente, ma con in più la tangibilità del frutto del proprio impegno.Come tangibile è stato nell’ultimo anno il boom delle vendite di kit per creazioni in maglia: nel febbraio 2020, poco prima del lockdown, in modo quasi profetico The Woolmark Company aveva lanciato un concorso per alimentare la passione per il lavoro a maglia, mettendo in palio 777 kit firmati dal brand Karl Lagerfeld.

«Nell’aprile del 2020 le nostre vendite sono cresciute del 300% rispetto all’anno precedente – racconta Maria Sanchez, che cura il marketing di We Are Knitters, piattaforma spagnola che vende kit da maglia e cucito -. Le nostre clienti sono soprattutto donne fra i 25 e i 40 anni, ma nell’ultimo anno abbiamo registrato un forte aumento anche degli uomini, ai quali infatti abbiamo dedicato nuovi kit». Presenti per ora in oltre 15 Paesi, e con 670mila follower su Instagram, We Are Knitters si prepara a evolversi ancora, grazie a questo successo: «Ora vogliamo arrivare in Asia, in Sud America, nei paesi Scandinavi, e stiamo pensando di estendere la nostra rete di pop up store», aggiunge.

Lo stesso aumento di interesse e vendite è stato registrato anche da Bettaknit, che propone kit di alta gamma da Prato, dove è nato nel 2010 come spin-off di una storica azienda del distretto tessile: «A marzo 2020 abbiamo avuto un aumento del 250% degli ordini, per arrivare a a un +350% a giugno – raccontano Barbara ed Elisabetta Fani, le sorelle fondatrici di Bettaknit -. Le nostre clienti sono principalmente donne, fra i 25 e i 45 anni, che lavorano e che grazie al knitting si sono ritagliate un hobby rilassante, e in certi casi una fonte di reddito aggiuntiva. Il lockdown, infatti, ha lasciato loro molto tempo libero, alcune sono rimaste inoccupate e realizzare accessori a maglia su commissione è stata per molte una via d’uscita».

Fonte: Il Sole 24 Ore