La povertà si tramanda: è allarme minori. E al Nord le famiglie indigenti sono raddoppiate

La povertà si tramanda: è allarme minori. E al Nord le famiglie indigenti sono raddoppiate

Allarme minori, lo svantaggio è ormai endemico

Per i minori, «lo svantaggio – si legge nel documento – è da intendersi come ormai endemico, visto che da oltre un decennio la povertà tende ad aumentare proprio al diminuire dell’età». Più si è giovani, più cresce la probabilità di sperimentare condizione di bisogno. Quasi un indigente su quattro – 1,295 milioni – ha meno di 18 anni. Le famiglie in povertà assoluta dove sono presenti minori sono quasi 748mila, il 34% del totale di questa fascia. Non stupisce che i nuclei composti unicamente da stranieri siano i più poveri e che i figli comportino livelli di spesa di gran lunga inferiori alla soglia di povertà.

Lavoro, il nodo dei bassi salari e dei contratti meno tutelati

Continua a crescere «in modo preoccupante», rileva il rapporto, la povertà tra coloro che hanno un impiego. Il lavoro ha smesso di fare da scudo e tocca l’8% degli occupati (era il 7,7% nel 2022). Se si confronta l’incidenza della povertà tra operai e assimilati e disoccupati lo scarto è di soli 4 punti percentuali (16,5 versus 20,7%), sempre più sottile. Basta guardare al dato delle retribuzioni lorde annue per capire perché: tra il 2013 e il 2023 sono aumentate appena del 16%, contro una media europea del 30,8 per cento. Peggio ancora per i salari reali: l’Italia è l’unico, il Paese europeo dove risultano in calo dal 2013 (-4,5% il calo del potere d’acquisto delle retribuzioni lorde annue, a fronte del +3% della media Ue). Conta la «ridotta durata dei contratti» e la «diffusione di tipologie contrattuali meno tutelate, soprattutto tra donne, giovani e stranieri». La conclusione è sconfortante: «È come se l’occupazione nel nostro Paese si stesse polarizzando tra una fascia alta e garantita e una bassa poco tutelata, connotata da bassi salari, precarietà e part-time involontario».

Quasi 270mila persone aiutate dalla Caritas

Nel 2023, a fronte di 5,7 milioni di poveri assoluti, le persone sostenute dalla rete Caritas sono state 269.689 (si veda il report di giugno), che corrispondono circa al 12% dei nuclei in povertà assoluta stimati nel nostro Paese. Le richieste d’aiuto dal 2015 sono aumentate del 41,6%, in linea con la crescita dei poveri assoluti. E i territori che registrano l’incremento più cospicuo sono quelli di Sud e Isole (+53,3%) e, in linea con i dati richiamati sopra, del Nord Italia (+52,1%). Ci sono nuove povertà – osserva il rapporto – e povertà di ritorno. Povertà «intermittenti», discontinue, multidimensionali, «che possono dirsi correlate, appunto, a carriere occupazionali intermittenti, a relazioni fluide, così come instabili appaiono spesso anche le condizioni abitative e lo stato di salute».

Disagio psicologico aumentato in un anno del 15,2%

Preoccupa il disagio psicologico e psichiatrico in salita tra gli assistiti Caritas: dal 2022 al 2023 il numero di persone affette da depressione o malattie mentali è aumentato del 15,2 per cento. I senza fissa dimora sono il 19,2% dell’utenza complessiva: 34.554 assistiti nel 2023, contro i 27.877 del 2022. Gli anziani sono cresciuti dal 12,1% al 13,4%: si tratta di 35.875 over 65 supportati, a fronte dei 30.692 incontrati nel 2022.

Casa, 1,5 milioni di famiglie vive senza servizi

Oltre a dedicare un capitolo al pianeta carcere, dove si incoraggia l’applicazione delle misure di comunità, il rapporto dedica ampio spazio al tema casa. Rilevando l’assenza di un piano nazionale di rilancio delle politiche abitative, la Caritas ricorda che un milione e mezzo di famiglie vive in abitazioni sovraffollate, poco luminose e senza servizi come l’acqua corrente in bagno. Il 5% dei nuclei fa fatica a pagare le rate del mutuo o l’affitto e le bollette. Di questi, la maggior parte non ha una casa di proprietà. Presso i centri di Ascolto Caritas, la dimensione abitativa risulta il terzo tra i problemi riportati, coinvolgendo il 22,7% dell’utenza.

Fonte: Il Sole 24 Ore