La Sanità dimenticata: soldi solo per le bollette e ai pronto soccorso (ma dal 2024)

La prima legge di bilancio dopo lo tsunami del Covid lascia la Sanità praticamente a bocca asciutta. La manovra mette sul piatto due miliardi in più per le cure degli italiani per il 2023, ma la gran parte delle risorse (1,4 miliardi) saranno destinati a coprire le spese per le bollette e il caro energia degli ospedali mentre il resto dei fondi non coprirà nemmeno l’aumento dei costi dovuti all’inflazione. L’unico segnale lanciato al personale sanitario stremato dopo oltre due anni di pandemia sono i soldi in più per le buste paga di medici e infermieri che lavorano nei pronto soccorso, ma questi aumenti i sanitari non li vedranno prima del 2024.

I soldi in più assorbiti dal caro bollette

La manovra stanzia 2 miliardi in più per il 2023. Questo significa che il Fondo sanitario nazionale – quello che distribuisce le risorse alle Regioni per pagare le cure agli italiani – salirà il prossimo anno a 128 miliardi. Un mini aumento che non vale neanche il 2% del Fondo stesso con l’aggravante che lo stesso aumento sarà assorbito in gran parte dal caro bollette degli ospedali che certo non possono spegnere la luce o i macchinari che hanno in corsia: dei 2 miliardi in più stanziati dalla legge di bilancio infatti una fetta importante di 1,4 miliardi «è destinata a contribuire a far fronte ai maggiori costi determinati dall’aumento dei prezzi delle fonti energetiche». Si tratta di una boccata d’ossigeno per le Regioni alle prese anche con la copertura degli extra costi per il Covid che ha presentato un conto molto salato e che ancora deve trovare una soluzione (mancano all’appello almeno 3 miliardi). Ma questo significa che per la Sanità del prossimo anno alle prese con il recupero delle cure dopo lo tsunami della pandemia resteranno le briciole – 600 milioni – che non coprono nemmeno l’inflazione. Manca dunque almeno un rifinanziamento del piano per il recupero delle liste d’attesa.

Buste paga più pesanti in pronto soccorso, ma solo dal 2024

Il nuovo ministro della Salute Orazio Schillaci aveva promesso subito di voler gratificare il personale sanitario dopo due anni di pandemia. E questo primo segnale arriva in manovra dove è previsto il potenziamento dell’indennità (a valere sulle risorse del Fondo sanitario nazionale) per medici e infermieri che lavorano nei pronto soccorso. In pista ci sono 200 milioni per far lievitare le buste paga, ma gli aumenti ci saranno però soltanto dal 2024. I soldi in più saranno assegnati – si legge nella bozza della manovra – «nell’ambito dei rispettivi contratti collettivi di lavoro, nei limiti degli importi annui lordi di 60 milioni di euro per la dirigenza medica e di 140 milioni di euro per il personale del comparto sanità in ragione dell’effettiva presenza in servizio, con decorrenza dal 1° gennaio 2024». Il fondo per premiare chi lavora nei pronto soccorso dove da anni si assiste a una fuga dei sanitari che scappano da stress e orari massacranti era stato costituito dall’ex ministro della Salute Roberto Speranza con 90 milioni e ora viene potenziato dal suo successore Schillaci.

«La Sanità resta fuori dalle priorità del Paese»

«La sanità pubblica continua a rimanere fuori dalle priorità del Paese – avverte Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe – nonostante le enormi criticità esplose con la pandemia. Infatti, se nei momenti più bui tutte le forze politiche convergevano sulla necessità di rilanciare il Ssn, con la fine dell’emergenza la sanità è “rientrata nei ranghi”, come dimostrato prima dalla scarsa attenzione nei programmi elettorali, poi dall’assenza di un piano di Governo per la sanità pubblica e, da ultimo, dal mancato incremento del finanziamento nella Legge di Bilancio 2023 presentata dall’Esecutivo: ovvero, nessun ulteriore investimento per la salute delle persone». Per Cartabellotta i 2 miliardi in più sono ampiamente insufficienti perché si tratta di una cifra «che oltre ad essere erosa dall’inflazione non permetterà di coprire i costi straordinari dovuti alla pandemia e alla crisi energetica, né tantomeno di avviare alcun rilancio del Ssn. Con il risultato di mandare “in rosso” anche le Regioni più virtuose, con inevitabili conseguenze sull’erogazione sulla qualità dell’assistenza».

Fonte: Il Sole 24 Ore