La svolta del Parlamento Ue per la difesa dei diritti web

La terza via Ue per il web

La terza via Ue per il web, come è stata definita, a metà tra il liberismo sfrenato degli Usa e il dirigismo del regime cinese è una proposta di regolamento che responsabilizza le big-tech, motori di ricerca compresi.

Pur ribadendo il principio della non esigibilità (divieto) del controllo automatizzato su ciò che avviene nell’ambiente digitale, il Parlamento impone agli oligopolisti della rete doveri di vigilanza molto più marcati e di intervento molto più rapidi per la rimozione dei contenuti da considerare illeciti (in base a policy comunitarie da condividere), o in violazione di diritti altrui.

Alle piattaforme di commercio elettronico verrà chiesta un’attenzione maggiore nel selezionare e individuare i partner (in sostanza i venditori), a pena di un coinvolgimento nella responsabilità sul prodotto/servizio intermediato.

Novità per i contenuti di informazione

Quanto alla manipolazione dei contenuti di informazione, oltre alla maggiore diligenza di chi intermedia (social network e motori di ricerca), il regolamento riconosce il ruolo di enti e associazioni con particolari requisiti nelle vesti di segnalatori qualificati, cioè cacciatori di fake news con licenza di “diffidare”. Il limite soglia per individuare i potenziali megafoni di fake, target della legge, sono le piattaforme che raggiungono mensilmente 45 milioni di utenti (il 10% della popolazione).

Nei lunghi “considerando” c’è poi una sezione anche per la protezione della profilazione degli utenti a fini pubblicitari. Obiettivi epocali, quelli del Parlamento Ue, che però non soddisfano ancora l’organizzazione dei consumatori europei (Beuc), secondo cui Bruxelles «non ha fatto ancora tutto il necessario».

Fonte: Il Sole 24 Ore