L’avvocato generale Ue: illecito svelare la sostanza utilizzata da atleti dopati

L’avvocato generale Ue: illecito svelare la sostanza utilizzata da atleti dopati

Pubblicare online i nomi degli atleti professionisti sospesi per doping rischia di violare la loro privacy, soprattutto se le informazioni non vengono «minimizzate», a cominciare dal tipo di sostanza illecita rilevata. L’avvocato generale dell’Ue, Dean Spielmann, con le conclusioni rese ieri in Lussemburgo nella Causa C-474/24 – avviata da quattro atleti austriaci contro la Nada, agenzia antidoping – entra in tackle nel dibattito da sempre molto acceso sui limiti della berlina per utilizzo di sostanze vietate.

Dati sanitari sensibili

In Austria la Nada pubblica online tutte le misure cautelari (sospensioni) e le radiazioni di atleti – e dei loro concorrenti negli illeciti – con l’eccezione delle «persone particolarmente vulnerabili e degli atleti amatori». Secondo Spielmann non è tanto in discussione – in termini di conformità al Gdpr – la pubblicazione dei nomi di atleti professionisti incorsi in controlli (positivi) al doping, quanto la violazione dei loro dati sanitari sensibili collegata alla sostanza utilizzata. Questo perché la sostanza scoperta, se divulgata urbi et orbi, potrebbe «rivelare, anche indirettamente, informazioni sullo stato di salute, anche futuro, dell’atleta interessato», violando così l’articolo 9 del Gdpr.

Pseudonimizzazione

La pubblicità dell’attività antidoping, scrive Spielmann, ha l’obiettivo di dissuasione (per gli atleti potenzialmente tentati) oltre quello di evitare l’elusione delle stesse norme di contrasto, ma per entrambi questi scopi non è necessario violare dati sanitari sensibili del singolo atleta. «A mio avviso, una pubblicazione nominativa, ma limitata agli organismi pertinenti e alle federazioni sportive, accompagnata, ad esempio, da una pubblicazione su Internet pseudonimizzata, consentirebbe di raggiungere i due obiettivi perseguiti in modo meno lesivo per la protezione dei dati personali e in modo più conforme al principio di minimizzazione dei dati» scrive l’avvocato generale, confutando la tesi Nada secondo cui la pubblicazione delle sanzioni doping è del tutto simile a quelle deontologiche degli avvocati o delle professioni sanitarie. Questa infatti è « necessaria poiché chiunque può essere parte in giudizio o paziente, mentre, nell’ambito del doping, è sufficiente che il nome dell’atleta interessato sia noto nell’ambiente sportivo, dalle federazioni sportive interessate, salvo ipotesi particolari da valutare caso per caso».

Fonte: Il Sole 24 Ore