Leadership “infinita” ai tempi del Covid: la pandemia è un’occasione di crescita

Un’organizzazione bilanciata, guidata attraverso una leadership sostenibile: concetto che suona per alcuni aspetti come la ricetta perfetta per gestire le aziende in un momento difficile come quello segnato dalla pandemia di Covid 19. Concetto che Chris Lewis, fondatore dell’omonima agenzia internazionale di Pr, ha sviscerato nella sua ultima fatica letteraria, “The Infinite Leader”, scritta a quattro mani con Pippa Malmgren, economista ed ex consigliera della Casa Bianca. Il libro racconta la leadership moderna, i suoi punti critici e i suoi possibili sviluppi futuri, e affronta i temi della collaborazione e del lavoro di squadra, dell’educazione e dell’uguaglianza. Ne abbiamo parlato direttamente con l’autore.

La pandemia di Covid 19, con il ricorso massiccio allo smart working, quanto e come sta impattando sulle dinamiche evolutive della leadership?
La pandemia sta influenzando la leadership in modi diversi. In primo luogo, le persone hanno più tempo e avere a disposizione più tempo è un’arma a doppio taglio: può essere una cosa positiva e negativa allo stesso tempo. Si può avere, per esempio, più tempo per riflettere o più tempo per preoccuparsi. La Covid ha accelerato il cambiamento e i trend già in atto sono ulteriormente amplificati: i leader devono quindi captare i segnali delle persone in difficoltà e assicurarsi che stiano risolvendo i loro problemi, rimanendo sempre in contatto con loro. In secondo luogo, la situazione attuale sta danneggiando sia i più giovani sia i più anziani, ma i primi fanno fatica a a ottenere la formazione di cui hanno bisogno perché agli inizi di un percorso aziendale è importante sentirsi parte dell’ambiente e osservare da vicino i comportamenti delle persone.

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La Covid-19 è dunque un’occasione per i leader di fare un nuovo passo in avanti?
La “servant-leadership”, che parte dal concetto di leader-servitore, deve saper gestire gli aspetti di una crisi e mettersi al servizio della propria comunità. Oggi viviamo una situazione che rappresenta il momento migliore in assoluto per i leader, perché è in momenti come questi che si può far vedere ciò che la leadership è in grado di fare. I leader potrebbero non avere più un’altra possibilità come questa di mostrare il contributo che possono offrire.

Perché allora la fiducia verso di loro è ai minimi storici e il turn-over dei Ceo è particolarmente alto?
L’abbiamo sempre saputo: i leader si ispirano a un modello giudeo-cristiano di leadership, dove tutto ruota attorno alle abilità infallibili di una persona dotata di un talento unico, troppo spesso di sesso maschile. Gesù è stato sostituito da Steve Jobs, mentre Mosè da Elon Musk. Il mondo moderno è molto più complesso e diversificato e per questo motivo la leadership deve cambiare. Sarebbe utile se il management assomigliasse al team che sta cercando di supportare e sarebbe ancora più utile se ci fosse diversità tra i vari leader. Un team di leadership diversificato avrebbe una gamma più ampia di interessi e preoccupazioni che consentirebbe loro di avere un campo visivo più ampio.

Il numero limitato di donne leader invece come si spiega?
Credo che troppi consigli di amministrazione abbiano confuso la fiducia con la competenza. Nel libro citiamo il lavoro del professor Tomasz Premuzic alla University College London, che ha sottolineato come le donne tendano a non candidarsi per un lavoro fino a quando non hanno acquisito la maggior parte delle competenze o delle qualifiche richieste. Gli uomini, invece, si candidano anche per quei ruoli, per i quali hanno meno del 35% delle competenze richieste. La leadership, inoltre, non è fatta solo da chi sta a capo di un’azienda, ma può essere presente a tutti i livelli di un’organizzazione, e in ogni persona. Il nostro studio ha mostrato una maggiore capacità di leadership nelle donne rispetto ad alcuni board.

Fonte: Il Sole 24 Ore