L’investimento è green? Sui siti solo informazioni a metà

Gli investitori che vogliono sapere se un prodotto finanziario è green, guardando un sito web, potrebbero restare delusi. A un mese dal debutto, il 10 marzo, dei primi obblighi informativi del regolamento Ue «Disclosure», non tutti gli operatori danno indicazioni complete sui fattori Esg.

Infatti, a fronte di alcuni soggetti che hanno pubblicato un’informativa dettagliata, altri non l’hanno ancora prevista. E tanti non prendono (almeno per ora) in considerazione gli effetti negativi delle decisioni di investimento sui fattori di sostenibilità, sfruttando una possibilità prevista dallo stesso regolamento di non compiere questa valutazione a certe condizioni ma fornendo una motivazione. Del resto, sul punto, le norme tecniche di regolamentazione sono ancora in corso di definizione: le tre Autorità di vigilanza europee (Esas) hanno proposto il 4 febbraio scorso un testo finale alla Commissione Ue e hanno chiesto di fissare l’entrata in vigore al 1° gennaio 2022.

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Cosa prevede il regolamento

Il regolamento «Disclosure» (2088/2019), che promuove la trasparenza delle informazioni sulla sostenibilità e la loro comparabilità per gli investitori finali, si applica a Sgr, Sicaf e Sicav gestori di fondi alternativi, enti creditizi che gestiscono portafogli, enti pensionistici, assicurazioni, investitori professionali e consulenti finanziari.

Dal 10 marzo questi operatori devono predisporre sui propri siti web una sezione dedicata alle tematiche Esg (environment, social, governance). In questa sezione devono spiegare (con riferimento a qualsiasi tipo di prodotto finanziario, non solo per quelli “sostenibili”) come valutano i “rischi di sostenibilità” nella fase di investimento: è possibile citare l’adesione a principi internazionali, indicare i soggetti preposti ai temi Esg e rimandare o descrivere sinteticamente le proprie policy di investimento. Il legislatore Ue non ha fissato linee guida, fatto salvo per la scelta della lingua che deve essere quella del Paese dove sono commercializzati i prodotti finanziari.

In secondo luogo, gli operatori devono dichiarare sui siti se prendono o meno in considerazione gli impatti negativi che i propri investimenti hanno sui fattori di sostenibilità. Se sì, devono informare gli investitori su come li valutano (ad esempio, con analisi di due diligence) e indicare in sintesi le politiche di impegno per una loro minimizzazione. Se non li considerano, invece, devono spiegarne le ragioni. Per ora, quindi, sugli “effetti negativi” tutti gli operatori possono scegliere: comply or explain. Dal 30 giugno 2021, invece, per i gestori con più di 500 dipendenti scatta l’obbligo di informativa.

Fonte: Il Sole 24 Ore