L’ufficio post pandemia amplia gli spazi per socializzare e riduce le scrivanie

Fuori sede, in media, per 2,7 giorni

Il remote working sarà praticato in modo significativo anche al termine della situazione emergenziale al punto che, mediamente, le persone lavoreranno fuori dalla sede per circa 2,7 giorni alla settimana.

Secondo l’indagine, le attività che verranno svolte in sede riguarderanno per lo più il networking e la relazione. In particolare, il 68% delle grandi imprese dichiara che verranno svolte: attività di socializzazione con i colleghi, incontri con ospiti e persone esterne all’organizzazione (58%); attività di recruiting, inserimento e induction dei nuovi assunti per creare un legame con l’organizzazione (44%); attività di collaborazione e meeting istituzionali (43 per cento). Le attività di comunicazione e concentrazione saranno invece svolte prevalentemente al di fuori della sede aziendale, anche perché registrano la maggiore produttività fra quelle svolte da remoto grazie a un contesto che limita interruzioni o distrazioni tipiche dell’ufficio. Meno pause caffè. Infine, guardando i diversi settori, solo il comparto Ict & Media si discosta da questo contesto, con il 68% delle aziende che ritiene fondamentale la sede di lavoro più per le attività di collaborazione che per quelle di socializzazione, aggiornamento e rappresentanza.

Le città policentriche

«Stiamo assistendo – ha spiegato Nicoletta Verde, fund manager del Fondo Pegasus – ad una diminuzione delle classiche postazioni di lavoro in uffici chiusi, ma anche in open space, in favore di aree che promuovono la collaborazione, l’innovazione e lo scambio di informazioni. Tutto ciò comporta un ripensamento dei layout, senza tradursi automaticamente in diminuzione dei mq richiesti anche laddove si assiste a una riduzione delle postazioni fisse, dovuta all’incentivazione più o meno spinta di politiche di smart working». Come Sgr, ha proseguito Verde, «non stiamo quindi assistendo ad effetti sui canoni né sul valore degli immobili in gestione».

Certo più remote working avrà un effetto più a lungo termine sulla città.
«È proprio il termine “centro” che potrebbe subire un vero e proprio cambiamento: le città – ha concluso Nicoletta Verde – potrebbero cogliere l’occasione per creare molti nuovi “centri” diventando policentriche a vantaggio delle aree secondari. Potrebbero essere particolarmente attrattive soprattutto le aree già infrastrutturate (metropolitane, piste ciclabili etc.), con ampi spazi verdi e dotazione di servizi alla persona, così da favorire una migliore conciliazione fra lavoro e vita privata, verso il vero smart working».

Fonte: Il Sole 24 Ore