Manifesta 14 a Pristina sperimenta un nuovo modello di biennale

Quest’estate, dal 22 luglio per cento giorni, la biennale europea nomade Manifesta farà tappa a Pristina, la capitale del Kosovo, per la sua 14ª edizione. Una scelta “in salita” rispetto alle ultime due edizioni a Palermo e a Marsiglia, soprattutto per motivi economici e geopolitici. A oggi, sono numerosi gli Stati che non riconoscono la dichiarazione di indipendenza del Kosovo dalla Serbia del 2008 in seguito alla guerra del 1998-99 tra i due paesi che costò la vita a 13mila adulti e bambini, come riportato dal Kosovo Documentation Centre. Tra questi, ci sono potenze mondiali come Cina e Russia, e cinque stati europei – anche la Spagna che ospiterà Manifesta 15 a Barcellona nel 2024 – e ciò ha conseguenze dirette sulla possibilità dei cittadini kosovari di uscire dal proprio paese o partecipare all’economia globale. Così, il Kosovo è il paese più giovane del continente europeo con un’età media di trent’anni e una scena artistica underground estremamente vivace, ma anche il più povero.

La fattibilità

“È per questo che Manifesta, per la prima volta, ha accolto la candidatura di Pristina offrendo anche un supporto finanziario alla realizzazione del progetto della biennale” afferma la direttrice e fondatrice di Manifesta, Hedwig Fijen. Infatti, a fronte di un budget minimo quantificato in 4,5 milioni di euro, solitamente garantito dalla città ospitante, per Manifesta 14 solo una parte arriva dal Kosovo – 1,8 milioni di euro dalla città e 1,9 milioni di euro dal Ministero della Cultura – mentre il resto è stato recuperato oltre confine. “L’obiettivo in futuro sarà un budget condiviso al 50% da Manifesta e dalla città ospitante, e per ottenere ciò stiamo promuovendo la trasformazione della biennale da mostra a progetto artistico interdisciplinare, volto alla sostenibilità e all’ecologia” spiega la direttrice. Con questo imprinting, il Kosovo ha potuto contare sulla mobilizzazione di numerosi soggetti stranieri, da un filantropo olandese che ha versato un contributo di 1 milione di euro, al Ministero degli Esteri del Lussemburgo con 300mila euro, dai governi olandese e svedese rispettivamente con 200mila e 150mila euro, a una coalizione di paesi Balcani con 500mila euro, fino alle Nazioni Unite, partner di Manifesta per la prima volta.

La scena artistica a Pristina

“Poi, è importante sottolineare che per un artista kosovaro il mondo dell’arte internazionale è molto più lontano che per un italiano a causa della rigida politica dei visti, ed è per questo che Manifesta ha incluso collaborazioni curatoriali con artisti, attivisti e istituzioni locali come Foundation 17 e Sekhmet Institute all’interno del programma istituzionale della biennale, previa una open call cui hanno partecipato oltre 150 candidati” racconta la direttrice. La decisione, che ha ricadute sul budget di produzione e annulla la suddivisione tra mostra internazionale ed eventi paralleli che caratterizza anche altre Biennali come Lione, Istanbul e Venezia, è stata ben accolta dalla direzione artistica, che include due “creative mediators”: lo studio di architetti CRA-Carlo Ratti Associati di Torino – nella facoltà del prestigioso Massachusetts Institute of Technology – e la curatrice australiana di base a Berlino Catherine Nichols. Sono loro che hanno selezionato le 23 sedi della mostra e i partecipanti, circa un centinaio e il 38% sono Kosovari o della diaspora.

I partecipanti

Tra gli artisti invitati, ci sono anche nomi influenti della scena internazionale che hanno risposto all’appello della biennale a rivitalizzare uno spazio pubblico afflitto dagli episodi di mafia e corruzione che si sono susseguiti in anni di incertezza politica. “Quando nel 2018 Pristina si è candidata a ospitare Manifesta – gareggiando contro Vienna e Kiev – la proposta era proprio la rigenerazione dello spazio pubblico in seguito alla dissoluzione della Jugoslavia socialista e alla diffusione di un concetto turbo-capitalistico di privatizzazione urbana” ricorda Fijen. Così, accanto agli interventi simbolici dei kosovari Petrit Halilaj e Flaka Haliti nell’iconico ma derelitto Grand Hotel e alla fabbrica di mattoni abbandonata, non mancheranno momenti di grande poesia da artisti internazionali come la coreana Lee Bull, che troveremo al brutalista Palazzo della Gioventù e dello Sport, o lo svizzero Ugo Rondinone, che interagirà con il potente memoriale alla Fratellanza e Unità tra serbi, turchi e kosovari.

La riqualificazione urbana

“Ma l’impegno di Manifesta 14 non si ferma all’arte contemporanea, e potrebbe essere definito “localismo radicale”, perché include interventi strutturali per la città, favoriti dal fatto che l’urbanista Përparim Rama, ex vice-presidente della Fondazione Manifesta 14 creata specificamente per la biennale, è stato eletto sindaco di Pristina nel 2021” aggiunge Fijen. Con lui, e in seguito a momenti di incontro con la cittadinanza volti a trasparenza e partecipazione, sono stati individuati tre luoghi da restituire alla città: la fabbrica di mattoni destinata oggi a centro per la comunità, la ferrovia in disuso rinominata “corridoio verde”, bonificata e resa calpestabile, e infine la libreria abbandonata Hivzi Sulejmani ribattezzata “centro per le pratiche narrative”. “Manifesta non si limita a riqualificare, e sostiene questi progetti di trasformazione della città con fondi certi per altri quattro anni” conferma la direttrice, e aggiunge: “A Palermo, dove con Manifesta per la prima volta abbiamo allargato l’esperienza artistica all’architettura e all’urbanismo, abbiamo imparato che se non prevedi un budget per il dopo biennale, il sistema imploderà subito dopo la tua partenza”. Così è stato per il progetto di recupero del locale Teatro Garibaldi, fallito dopo pochi mesi.

Fonte: Il Sole 24 Ore