Margaret Bourke-White, la donna che fotografò il Novecento
Una vita di primati quella di Margaret Bourke-White. Fu la prima fotografa donna statunitense accreditata durante la seconda guerra mondiale e la prima autorizzata a volare in missione di combattimento. Fu una delle prime a immortalare i campi di sterminio in Europa e fu l’ultima persona a intervistare Gandhi, sei ore prima della sua uccisione. Margaret Bourke-White rese immortali momenti storici e diede una nuova e moderna lettura agli eventi di quegli anni con una prospettiva e tecnica originale che prediligeva la posa rispetto alla presa diretta, riuscendo a trasformare anche i soggetti più umili in personaggi iconici.
Fondazione Palazzo Magnani
Nel percorso espositivo che Fondazione Palazzo Magnani dedica alla fotografa statunitense è evidente come Bourke-White fu esempio di una rivoluzione nell’editoria giornalistica di quell’epoca, un ambiente maschile nel quale si guadagnò una posizione d’eccellenza con naturale determinazione.
“Life”
La mostra si apre, nelle sale affrescate dei Chiostri di San Pietro, con uno dei momenti iconici della carriera di Bourke-White, quello de I primi servizi di “Life” inaugurati il 23 novembre 1936 quando la celebre rivista americana, per il suo numero d’esordio, scelse un suo scatto della diga di Fort Peck, nello stato del Montana negli Stati Uniti, di cui erano appena stati ultimati i lavori, celebrazione degli ideali di rilancio economico del New Deal e punto di svolta professionale per il genere femminile in un ambiente fino a quel momento maschile e maschilista. L’incarico fu il culmine dell’esperienza maturata negli anni Venti, in cui l’artista, muovendosi tra New York e Cleveland, realizzò diversi reportage sulle industrie americane, di cui una selezione è esposta nella sezione L’incanto delle fabbriche e dei grattacieli. La svolta vera e propria nella carriera di Bourke-White risale al 1929, quando l’editore Henry Luce la invitò a contribuire alla nascita della rivista illustrata “Fortune”. E lei stessa fu soggetto di uno scatto iconico, che rievoca visioni cubiste, espressioniste e opera del collega Oscar Graubner, mentre, accovacciata e aggrappata senza alcuna protezione su uno dei grandi gargoyle del Chrysler Building di New York, immortala dall’alto la città sottostante.
Dopo la sezione Ritrarre l’utopia in Russia che propone invece un distillato dei reportage che Bourke-White in Unione Sovietica con le immagini delle fabbriche e dei lavoratori che avrebbero dovuto rendere il Paese una potenza mondiale, oltre a un ritratto del leader comunista Stalin, si passa a Cielo e fango, le fotografie della guerra, e Il mondo senza confini: i reportage in India, Pakistan e Corea, sezioni che ripercorrono gli anni dei grandi conflitti: dai fronti europei, sovietici, africani e orientali dai campi di concentramento nazisti, su tutti Buchenwald, dove la fotografa entrò il giorno dopo la liberazione dei prigionieri, fino alla testimonianza dell’avanzata americana in Italia, con le immagini scattate sugli Appennini emiliani.
Fonte: Il Sole 24 Ore