Mediobanca, dall’ingresso di Delfin allo scontro in assemblea. Le tappe di una convivenza difficile
(Il Sole 24 Ore Radiocor) – L’assemblea di Mediobanca in calendario il 28 ottobre potrà essere uno snodo cruciale per il futuro dell’istituto di Piazzetta Cuccia. Dopo il fallimento delle trattative che avrebbero potuto portare alla presentazione di una soluzione unitaria per il rinnovo del consiglio di amministrazione, salvo sorprese si scontreranno infatti due liste: quella messa a punto dal board uscente guidato dall’a.d. Alberto Nagel e quella, formalmente di minoranza ma con il potenziale di stravolgere gli equilibri esistenti, del primo azionista Delfin. Si arriverà così allo showdown dopo anni di coabitazione più o meno pacifica, iniziata nel 2019 con l’ingresso a sorpresa nel capitale di Piazzetta Cuccia della holding fondata da Leonardo Del Vecchio.
2019: public company o non public company?
Alla fine del 2018 si scioglie quel che restava dello storico patto di sindacato che per decenni ha governato l’allora salotto buono della finanza italiana. Si tratta potenzialmente di una svolta epocale: in linea con gli auspici dello stesso management, Mediobanca si avvia a diventare una vera public company controllata dal mercato. Nel novembre 2019 esce interamente dal capitale lo stesso ex primo azionista, l’UniCredit guidata da Jean Pierre Mustier, impegnata in una cura dimagrante attraverso la vendita di tutti gli asset non considerati “core”. Decisione salutata con favore da Nagel, che commenta positivamente la crescita della presenza di investitori istituzionali e auspica «una progressiva normalizzazione dell’azionariato» in una «direzione più simile a quella delle banche quotate in Europa».
2019: Delfin in Piazzetta Cuccia
Solo poche settimane prima dell’uscita di UniCredit, il 17 settembre 2019, Delfin senza preavviso fa tuttavia il suo ingresso nel capitale di Mediobanca, con una quota iniziale del 6,9% e un investimento di oltre 500 milioni. Le prime dichiarazioni di Del Vecchio sono bellicose («Mi aspetto un nuovo piano industriale che non basi i risultati di Mediobanca solo su Generali e Compass, ma progetti un futuro da banca di investimenti»), ma i toni si smorzano progressivamente, fino ad arrivare all’apprezzamento esplicito, in parallelo con il rafforzamento della quota, che a novembre sale al 10% e fa di Delfin il nuovo primo azionista.
2020: «Investitori finanziari», l’impegno con la Bce
Nella primavera del 2020 Delfin ottiene dalla Bce l’autorizzazione a salire fino al 20% del capitale di Mediobanca dopo aver assicurato a Francoforte di voler agire come «investitore finanziario» senza esercitare alcun controllo su Piazzetta Cuccia. In caso contrario, d’altra parte, la holding avrebbe rischiato di finire sotto la diretta vigilanza della Bce e di dover rispettare gli stessi requisiti prudenziali richiesti alle banche. Delfin raggiunge così l’attuale 19,9% del capitale.
2021: prime schermaglie sulla governance
In vista dell’assemblea dell’ottobre 2021 Delfin chiede di modificare lo statuto per eliminare alcune clausole di governance, in particolare quella che impone di scegliere i futuri amministratori delegati e direttori generali di Mediobanca tra chi è già dipendente dell’istituto da almeno tre anni. Il caso si risolve senza veri e propri scontri, dato che il cda presenta una propria proposta di riforma che include le modifiche auspicate da Delfin e aumenta inoltre i posti in consiglio riservati alle minoranze. La holding di Del Vecchio ritira quindi la propria richiesta e vota con il board.
Fonte: Il Sole 24 Ore