Meno shopping. Più food, divertimento e salute per rilanciare il retail

Meno spazi per lo shopping. Più food, servizi e divertimento. Il mix ibrido – che caratterizza gli investimenti degli shopping center, soprattutto dopo la battuta d’arresto inflitta dal Covid – non è solo una “ricetta” per i grandi centri commerciali. Dai retail park (che invece dal covid hanno guadagnato e sono l’unico vero segmento che ha tenuto) agli outlet, passando per le high-street, la strada tracciata per riportare i consumatori davanti alle vetrine è la stessa per tutti. Fornire un motivo, un’occasione, uno stimolo per non abbandonarsi esclusivamente al click dell’e-commerce.

Il modello ibrido: non solo shopping

Sembrano concordi sul punto – e tutti da angolazioni diverse – progettisti, sviluppatori, gestori e investitori Real Estate del segmento retail, riuniti per due giorni (ieri ed oggi, 18 e 19 maggio) al Superstudio Maxi a Milano per il Mapic Italy 2022 (la fiera di settore).

«Mi risulta che in questi due anni – ha detto Alessandro Mazzanti, ceo Italy di Cbre – chi ha venduto solo online abbia aumentato le vendite del 9%. Ma chi ha venduto sia online sia nel negozio fisico, le abbia cresciute del 36 per cento. Sfatiamo il mito che l’online “sopprime” il negozio. Nike è il brand online che vende di più al mondo. Ma non si sogna di chiudere negozi, anzi ha ampi store nelle più note vie dello shopping. Il consumatore va raggiunto online, senza trasdcurare lo spazio fisico e le due cose messe assieme funzionano meglio».
Joachim Sandber (ceo di Cushman & Wakefield) ha richiamato il tema del momento: «Il tasso di inflazione cresce molto più delle presenze e dei fatturati. Si spende il 10% in meno ma i costi energetici e di gestione sono raddoppiati. Se gli affitti non calano, i costi si impennano e anche i fatturati sono in calo, come si sostiene il sistema? Come possiamo generare presenze?».
«Migliorando la qualità dei servizi offerti – ha aggiunto Gianni Flammini, managing director Italy di Savills – diversificando l’offerta di food dove sia possibile anche festeggiare un compleanno o creare cooking class, creare spazi per far vivere “esperienze” senza porsi troppo il problema se poi acquisteranno lì o lo faranno online. Riportare parchi giochi e divertimento per tutte le età nei centri commerciali. Bisogna dare un motivo alle famiglie come ai più giovani di entrare in questi “contenitori” senza che ciò sia finalizzato al mero acquisto».

Il nostro è l’asset class più intimamente legato ai consumatori e alla loro propensione a spendere. In logistica nessuno chiede agli operatori come stanno i loro tenant. Nel retail, la prima domanda è sempre se i cosumatori stanno spendendo o tornando a spendere – ha commentato Roberto Zoia, chairman di Cncc Italy (il Consiglio nazionale dei centri commerciali) –. Durante la pandemia ci davano per spacciati. Sono diminuiti del 20% gli ingressi e gli acquisti del 5-6 per cento. La gente entra meno ma spende di più. Noi stiamo accelerando sul marketing sinergico tra centri commerciali e brand, spingiamo sull’omnicanalità. La prova che quest’ultima strada funziona la sta dando l’elettronica. È il settore che, assieme all’alimentare, sta performando meglio, perchè i clienti, motivati da un buon marketing, sono tornati a provare i prodotti, farsi consigliare, acquistare accessori trendy. Poi cresce la quota di servizi dedicati, nei centri commerciali, alla sanità (dall’ufficio postale al poliambulatorio, dalla clinica odontoiatrica a quella veterinaria), quelli per l’intrattenimento e il benessere, le palestre. In Emilia Romagna, Lazio e Sud Italia stiamo lavorando per ospitare spazi delle Aziende sanitarie regionali».

Infine, si preme l’acceleratore su Esg e investimenti sostenibili «Va cambiata la mentalità per cui questi siano costi e non investimenti» ha insistito Valeria Falcone, head of Value-add Investing Europe, Portfolio manager di Baring.

Fonte: Il Sole 24 Ore