Nuovo shock per la supercar Silk-Faw, scompare la manager Katia Bassi

È morta Katia Bassi, la managing director della joint venture sino-americana Silk-Faw. Da oltre un anno stava lavorando, dopo il piano annunciato a inizio 2021 dal finanziere Jonathan Krane, per la creazione a Reggio Emilia di un avanguardistico polo produttivo di hypercar elettriche di lusso per il mercato cinese. Era Bassi, chiamata a guidare la newco Silk Sports Car Company Srl nel settembre 2021, il riferimento chiave per istituzioni e sindacati della via Emilia, era l’alter ego di Crane e, a differenza di quest’ultimo, vantava una profonda conoscenza nel settore automotive, delle sue regole e dei suoi protagonisti.

La lunga crisi del progetto

Le vicende tumultuose dell’ultimo anno passato da Bassi a Reggio Emilia – tra denunce dei dipendenti per mancati pagamenti degli stipendi, apertura di indagini per presunti illeciti da parte della Procura, accuse e dubbi da parte di politica e sindacati per i continui rinvii del rogito del terreno – non l’hanno certo aiutata a superare i problemi di salute legati a un tumore. Nata 54 anni fa a Pavia, doppia laurea in Scienze Politiche all’Università di Milano e in Giurisprudenza a Pavia, specializzazione in Digital Marketing and Analytics al MIT di Boston, Katia Bassi aveva un solido background nell’automotive: dal 2017 al 2021 aveva lavorato in Automobili Lamborghini, come membro del board e responsabile globale della direzione strategica, del marketing e delle partnership; prima ancora in Aston Martin Lagonda e in Ferrari.

«Katia è stata una vera leader e lascia dietro di sé un’eredità di successi, essendo stata anche nominata una delle cento donne italiane di maggior successo da Forbes Italia – recita una nota di Silk Sports Car Company -. Siamo stati fortunati ad aver vissuto la sua passione, il suo ottimismo e la sua competenza nel mondo automobilistico, che faranno sempre parte dell’azienda in futuro». Parole che lasciano ancora presagire ci sia un domani per il progetto della grande fabbrica reggiana di auto di lusso, dietro cui si muove una jv controllata all’85% il finanziere statunitense Krane (attraverso una omonima holding in Irlanda) e al 15% il colosso cinese dell’auto Faw Group, controllato dal governo di Xi Jinping.

A mettere in dubbio l’attendibilità delle promesse di Krane e del suo miliardo di investimento nella motor valley sono però i fatti, sempre offuscati dal gran clamore mediatico aleggiante attorno a quelle promesse: dopo la presentazione nell’aprile 2021 del rendering dell’immenso stabilimento di 110mila mq che avrebbe dovuto dare lavoro a oltre mille occupati e portare un ricco indotto per lo sviluppo del motore elettrico in Emilia, si sono succeduti impegni mai rispettati. A iniziare dalla posa della prima pietra, calendarizzata a inizio agosto e mai avvenuta, anche se confermata da Krane pochi giorni prima in un tavolo istituzionale in Regione. Per finire con i mancati pagamenti degli stipendi ai dipendenti al lavoro nel tecnopolo (una sessantina di persone, sotto ammortizzatori). E pesa l’assenza totale di visibilità del progetto reggiano nei documenti e nelle comunicazioni ufficiali della casa cinese Faw.

Intanto nei terreni di Gavassa dove ora – stando agli annunci del finanziere – si sarebbero dovute vedere le gru dare forma al Centro produttivo delle supercar serie S di Hongqi e al “Design, research, development & innovation Center”, sono stati seminati mais e frumento: neppure l’acquisto dei 320mila metri quadrati di area industriale è stato finalizzato, per mancanze di provviste finanziarie. A questo punto, come sostiene la coalizione reggiana Alleanza Verdi, Sinistra Italiana e Possibile, se qualcuno non si prende la briga di porre la parola fine sul progetto, a perdere credibilità e faccia non è più solo Krane, ora che Bassi non c’è più, ma sono la politica e le istituzioni dell’Emilia-Romagna.

Fonte: Il Sole 24 Ore