Per un giorno di carcere ingiusto lo Stato paga da 120 a 800 euro

La Corte dei conti ha esaminato un campione di ordinanze emesse da alcune Corti d’appello da cui è emerso, ad esempio, che per la detenzione carceraria ingiusta si va dai 117,91 euro circa al giorno liquidati dalla Corte d’appello di Catania (in presenza di concorso di colpa del richiedente) ai 791,38 riconosciuti dalla Corte d’appello di Catanzaro (somma che comprende anche il danno). Ma la stessa Corte di Catanzaro in altre ordinanze da fissato importi di 235 euro. E anche a Perugia si va dai 235 euro al giorno ai 550. Peraltro le Corti d’appello, in alcune ordinanze, hanno risarcito di più la detenzione domiciliare rispetto a quella in cella: 1.179 euro per ogni giorno chiusi a casa a Perugia, 1.383 a Catanzaro. Con distanza abissale dai 159,58 euro al giorno decisi all’Aquila. Per la Corte dei conti servirebbe un maggior coordinamento e monitoraggio del ministero della Giustizia.

Le responsabilità

A fronte di questi dati, non sono molte le azioni disciplinari avviate nei confronti dei magistrati. La Corte dei conti, che riprende le rilevazioni degli uffici ispettivi del ministero della Giustizia sulle scarcerazioni oltre i limiti di legge dovute a «ignoranza o negligenza inescusabile» del giudice, cita 13 azioni promosse nel 2017, 16 nel 2018 e 24 nel 2019. Del resto – ha spiegato il ministero della Giustizia nella relazione alle Camere del 2018 – non è detto che la riparazione per l’ingiusta detenzione sia legata a un errore del magistrato: si può trattare, ad esempio, di custodia cautelare legittima ma che poi si rivela inutile.

Mancano (quasi) del tutto, invece, informazioni sulle azioni di recupero delle somme pagate dallo Stato per l’ingiusta detenzione nei confronti dei responsabili: la Corte dei conti, tramite le sue sezioni giurisdizionali, ha ricostruito solo un procedimento avviato nel 2016 contro un magistrato campano e concluso con il pagamento di parte della somma. Né risulta che siano state attivate altre misure per contenere i costi a carico dello Stato.

Anzi: manca – rileva la magistratura contabile – un coordinamento tra gli indennizzi per l’ingiusta detenzione (previsti dagli articoli 314 e 315 del Codice di procedura penale) e il risarcimento dei danni causati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie (regolato dalla legge 117/1988 sulla responsabilità civile dei magistrati). Un intervento necessario, secondo la Corte, per evitare il cumulo dei due rimedi e il doppio esborso da parte dello Stato.

Inoltre, per monitorare le riparazioni e curare le azioni conseguenti, anche disciplinari, la Corte suggerisce che il fenomeno sia tutto governato dal ministero della Giustizia: oggi gli indennizzi sono pagati dall’Economia.

Fonte: Il Sole 24 Ore