Polmoniti: ogni anno 150mila ricoveri e 9mila morti, ecco i campanelli d’allarme per riconoscerla
Con l’arrivo dei primi freddi le vie respiratorie sono messe a dura prova. Le basse temperature possono infatti compromettere la risposta immunitaria dell’organismo e i meccanismi di difesa. Uno dei principali nemici da temere è la polmonite, che in Italia ogni anno provoca 150mila ricoveri e 9mila morti. E’ la malattia di origine infettiva che causa più decessi, come emerge dai dati pubblicati in occasione della Giornata Mondiale dedicata alla patologia, che si celebra il 12 novembre ed è promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’UNICEF con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sul grave impatto che ha sulla salute, sul suo corretto e precoce inquadramento diagnostico, sulle cure e sulla prevenzione, in particolare attraverso i vaccini.
La polmonite, in particolare quella interstiziale, ovvero quella che provoca un’infiammazione del tessuto polmonare, è salita alla ribalta delle cronache durante la pandemia da Covid-19 e, più recentemente, perché ha causato la morte del compianto maestro Beppe Vessicchio e il ricovero dell’allenatore del Bologna Vincenzo Italiano. Si tratta di una patologia che può manifestarsi, dunque, anche in forme gravi e comportare serie complicanze e conseguenze. Come raccomandano gli esperti, in caso di sospetto di malattia bisogna rivolgersi immediatamente al medico di fiducia ed evitare il “fai da te”, magari assumendo antibiotici senza una specifica prescrizione.
Le cause e i soggetti fragili
La polmonite è un’infiammazione del tessuto polmonare che può essere causata principalmente da alcuni batteri e virus e, più raramente, da alcuni funghi e colpisce nella maggior parte dei casi anziani, bambini sotto i cinque anni e persone immunodepresse. Una diagnosi di polmonite è fonte di preoccupazione a qualsiasi età. “E’ una causa di ricovero ospedaliero da sempre e, purtroppo, anche causa di morte. Attualmente non registriamo grandi cambiamenti nei numeri, l’epidemiologia è stabile. E come sempre, ogni anno, si registrano complicanze serie che riguardano soprattutto le persone a rischio: gli anziani, i bambini, i pazienti cronici”, sottolinea Claudio Micheletto, presidente dell’Associazione nazionale pneumologi ospedalieri (Aipo). La mortalità in Italia è una delle più basse d’Europa, ma non bisogna abbassare la guardia. “Il messaggio più importante – prosegue Micheletto – è quello di avere la massima attenzione nell’uso di antibiotici. Non abbiamo nuovi farmaci di questo tipo, perciò il consiglio è sempre di usarli con accortezza per ridurre i rischi di antibioticoresistenza che è una delle grandi sfide per i prossimi anni”.
Più frequenti le forme batteriche e quelle virali
La polmonite, in genere, è causata da un batterio, lo Streptococcus pneumoniae, conosciuto anche come pneumococco. Anche altri batteri possono causare la polmonite come, ad esempio, l’Haemophilus influenzae, lo Staphylococcus aureus, la Legionella pneumophila. Un’altra forma di polmonite è quella virale, più comunemente causata dal virus respiratorio sinciziale (RSV), soprattutto nei bambini di età inferiore a un anno, e nota come “bronchiolite”. Altre cause di polmonite virale sono i virus influenzali di tipo A o B e i coronavirus, come il Covid. Esiste anche la polmonite fungina, rara, che colpisce di solito le persone con un sistema immunitario indebolito. Purtroppo, ricorda l’esperto, “solo alcune cause di polmonite sono prevenibili, non tutte”. Ad esempio, “c’è a disposizione il vaccino antipneumococcico che è inserito da tempo nei Lea e vengono invitate a farlo tutte le persone sopra i 65 anni”, specifica Micheletto. La polmonite può essere localizzata in un punto particolare del polmone. “L’agente patogeno più frequente – prosegue l’esperto – in questo caso è lo pneumococco, contro il quale esiste una vaccinazione. Esistono poi le polmoniti interstiziali che colpiscono il tessuto connettivo del polmone, l’area dove avviene il passaggio dell’ossigeno e dell’anidride carbonica nel senso contrario, tra gli alveoli e i capillari, per questo l’infezione può essere molto diffusa e anche bilaterale. L’interstizio è il tessuto di sostegno del polmone. Quando viene colpito, lo scambio viene notevolmente ridotto. Se il paziente ha la bronchite cronica o è un fumatore, questi spazi sono già compromessi. E quindi può dare casi gravi”. E, ancora, se già il quadro non fosse già abbastanza complicato, ci sono le polmoniti conseguenti a infezioni virali come l’influenza, che possono a loro volta favorire l’insorgenza della polmonite batterica.
I campanelli d’allarme e il corretto inquadramento diagnostico
I sintomi più comuni causati dalla polmonite sono la febbre, la tosse, secca o grassa, e la dispnea, cioè una difficoltà respiratoria, che può dare la sensazione di avere “il fiato corto” come durante uno sforzo fisico. A questi possono aggiungersi spossatezza e dolore al petto o alla schiena. “Una polmonite si presenta prevalentemente tosse e febbre, ma la gravità che causa ospedalizzazione riguarda la difficoltà respiratoria, che può essere altamente rischiosa”, specifica lo pneumologo. Per prima cosa, bisogna capire se si tratta di una forma batterica o virale. E’ possibile distinguere le due tipologie eseguendo un tampone per stabilire la terapia antibiotica o antivirale oppure se sia da trattare con cortisone e antinfiammatori. Il quadro clinico può essere completato anche dal risultato di una radiografia al torace o di una tac.
Fonte: Il Sole 24 Ore