Rete Tim, il governo stringe: offerta Cdp concorrente o complementare a Kkr

Il governo prova a stringere i tempi per uscire dall’impasse sulla vicenda Tim. Un incontro ristretto e riservatissimo si sarebbe svolto a Palazzo Chigi nei giorni scorsi e secondo quanto ricostruito dal Sole 24 Ore ora sul tavolo ci sono soprattutto due opzioni: andare avanti con l’offerta per la rete a guida Cdp più il fondo australiano Macquarie, da contrapporre a quella del fondo americano Kkr, o disegnare un’offerta “complementare”. Tutto ciò però dovendo fare i conti con le resistenze di Vivendi ancora da superare.

Il piano “complementare”

In quest’ultimo caso prenderebbe corpo di fatto uno sdoppiamento dell’infrastruttura. Il governo potrebbe cioè dialogare con il fondo Kkr perché questo ridisegni l’offerta limitandola alle “aree nere” del Paese, quelle a più alta concorrenzialità. Mentre Cassa depositi e prestiti lavorerebbe a un’operazione per integrare le aree bianche e le aree grigie sovvenzionate dal Pnrr di Open Fiber (di cui è azionista al 60% attraverso Cdp Equity) e quelle di Tim. Le aree bianche sono quelle “a fallimento di mercato”, per le quali sarebbe meno complicato ottenere il via libera dell’Antitrust Ue a un’operazione di merger.

Gli incontri a Palazzo Chigi

Il cantiere di governo è comunque da considerarsi ancora aperto. Dopo le varie riunioni del tavolo coordinato dal ministero delle Imprese e del made in Italy, un incontro ristretto sul destino di Tim e quindi sulla valutazione dell’offerta di Kkr si sarebbe svolto a Palazzo Chigi giovedì 9 febbraio. E un ulteriore incontro dovrebbe svolgersi in settimana dopo aver completato alcuni approfondimenti su entrambe le ipotesi che vengono accreditate. L’esecutivo Meloni, che ha portato a Palazzo Chigi il cuore della soluzione, è consapevole che i tempi sono molto stretti e bisognerà indicare a Cdp, controllata dal ministero dell’Economia, una linea in tempo utile prima del 24 febbraio, data in cui il consiglio di amministrazione di Tim è stato riconvocato per decidere sull’offerta non vincolante di Kkr per Netco, la società che dovrebbe contenere gli asset della rete.

Il «modello Terna» cui pensa Kkr per la rete Tim

Al momento, messa nero su bianco, c’è anche la traccia di lavoro riportata nelle 8 pagine di proposta che Kkr ha fatto arrivare ai vertici Tim lo scorso 1 febbraio. In questo quadro nello schema di proposta fatto da Kkr a Tim – proposta valida fino al 28 febbraio – le prime simulazioni, a quanto ricostruito dal Sole 24 Ore, vedrebbero Kkr al 51% della Rete, con Tim e il Mef destinatari del restante 49% in proporzioni ancora da definire. Una sorta di modello Terna, con il controllo dato al governo, il cui obiettivo sarebbe, alla fine del piano di ammodernamento della rete da parte degli americani, di consegnare l’infrastruttura al mercato, sotto forma di Ipo, e allo stesso esecutivo che diventerebbe con l’uscita del fondo l’azionista di riferimento della Rete Telecom. Bisognerà capire se questo schema potrà essere adattato anche alla soluzione delle sole “aree nere”.

Il nodo Vivendi

Chiaro che il puzzle è ora fortemente incompleto e deve essere finalizzato. Innanzitutto da una parola definitiva da parte dell’esecutivo Meloni sul da farsi. Anche perché – variabile indifferibile – c’è sempre da fare i conti con il gradimento o meno del primo azionista Vivendi che non a caso ha deciso di far uscire dal Cda Tim anche Arnaud de Puyfontaine, per mantenere le mani libere e far valere il suo peso eventualmente in assemblea. Il nodo qui è legato a due aspetti: la valutazione dell’asset e la governance in Cda Tim. Nel primo caso, il divario fra livello di offerta del compratore (Cdp tramite Open Fiber) e venditore (con Vivendi in prima fila) ha fatto saltare la prima operazione che aveva trovato un momento “ufficiale” nel MoU firmato a fine maggio da Cdp, Tim, Open Fiber, Kkr (in quanto azionista di Fibercop, società con asset di rete controllata di Tim) e Macquarie (azionista di Open Fiber). Per questo al momento gli osservatori guardano con molto scetticismo al fatto che Vivendi possa accettare una “offerta”, mantenendo la propria preferenza per una scissione proporzionale o anche, eventualmente, per una Offerta pubblica d’acquisto con una cordata ampia, comprensiva di tutti i soggetti ora in campo, compresa Vivendi.

Fonte: Il Sole 24 Ore