Show e schermi immersivi, la pubblicità punta sui negozi

Show e schermi immersivi, la pubblicità punta sui negozi

Un libro di carta. A scriverlo è una delle prime internet only bank inglesi nata con i servizi su smartphone che decide di stamparlo. Di più, di rilanciarlo in una libreria nell’iconico quartiere londinese di Soho. La guida si chiama «The Book of Money» e l’ha pensata Monzo, banca online nata dieci anni fa e che oggi conta 12 milioni di clienti per 1,2 miliardi di sterline di fatturato. Oltre le notifiche digitali, la multicanalità spariglia la carta e punta sulla fisicità. Così l’esperienza si trasforma in rito collettivo. È una mossa che non ti aspetti, o forse sì. La banca dematerializzata si fa libraio e decide di scendere in strada e il denaro diventa una storia da leggere, da sfogliare, da condividere. Perché a volte il futuro si annusa anche nel vecchio odore della carta stampata. I codici si mescolano, i media si contaminano, i confini saltano. È la nuova grammatica dell’ibrido, dove il valore non si misura solo in schermi.

Il negozio aumentato

«Il retail media rappresenta la terza grande ondata del marketing digitale, dopo search e social», ha scritto recentemente il Financial Times. Oggi il punto vendita diventa palcoscenico multipiattaforma. Ed è rivoluzione: lo scaffale come spazio pubblicitario, il carrello come media, la corsia come canale. Il Guardian ha definito i nuovi store cattedrali esperienziali nelle quali l’esperienza e la comunicazione si fondono. Non più il semplice acquisto, ma un qualcosa di più. Sorpresa, o forse no. Il retail media, spinto da una forte digitalizzazione, si candida a rappresentare la terza ondata della pubblicità online. L’Italia è ancora nelle retrovie rispetto al resto d’Europa e al mercato americano, ma il potenziale è enorme e rappresenta un tesoretto relazionale.

In Europa gli investimenti in retail media raggiungeranno la soglia dei 25 miliardi di euro entro il 2026. È quanto emerge dalla nuova ricerca Community Retail 5.0 di Teha – The European House Ambrosetti. La fotografia, in anteprima sul Sole24Ore, presenta il potenziale geolocalizzato e descrive una nuova vitalità esperienziale nei punti vendita. D’altronde già secondo i consumatori il tratto più distintivo del retail specializzato è proprio la sua presenza diffusa sul territorio: questi spazi offrono un contributo importante alla socialità e all’aggregazione (28.6%), sono modelli di condivisione di interessi e abitudini in un’ottica di verticalità dei consumi (24.6%), rappresentano servizi integrativi a valore aggiunto (20.9%), definiscono la creazione di nuovi legami relazionali (14.5%). La capacità del retail di essere vicino al consumatore rappresenta un elemento distintivo nelle scelte di consumo: quest’anno il 77% del campione sente la vicinanza con la propria insegna di fiducia. Una prossimità che diventa intenzione d’acquisto per una relazione omnicanalmente diffusa. Perché la multicanalità si fa pixel e scaffale.

Nuovi format e narrazioni

«Il retail media è un paradigma estremamente prezioso perché intercetta l’attenzione del consumatore nei momenti più limitrofi all’analisi dei prodotti e all’eventuale decisione di acquisto. Oggi i consumatori sono travolti da migliaia di messaggi pubblicitari tra online e offline, che spesso ignorano o dai quali filtrano informazioni parziali. Nei canali del retailer, invece, l’informazione arriva contestualizzata e utile. La capacità di un retailer di usare i propri dati di prima parte e di attivare spazi narrativi nel punto vendita o sulle proprie piattaforme digitali diventa una leva unica di rilevanza e fiducia», afferma Benedetta Brioschi, partner Teha. Oltre le transazioni, verso l’intrattenimento. «Pensiamo ai digital signage immersivi, agli eventi co-branded, alle aree tematiche all’interno dei punti vendita: vivremo sempre più una trasformazione dello store in media e community hub. È la risposta naturale all’emergere di piattaforme come TikTok Shop, che puntano su promozioni e contenuti coinvolgenti. Se il media diventa retail, il retail non può che abbracciare un percorso che lo porti a diventare anche media», precisa Brioschi.

Fonte: Il Sole 24 Ore