Un esempio di creatività: come gestire un disservizio alla maniera di Kafka

Nello scorso mese di giugno mia cognata ha contattato l’ufficio tecnico di un piccolo comune delle Prealpi lombarde per chiedere la copia di un documento relativo a una pratica edilizia di casa sua. Ha scoperto che il documento è andato smarrito, ma la risposta che l’impiegato le ha inviato via mail è un capolavoro di gestione creativa di un disservizio. Mia cognata non la pensa come me, non avendo recuperato il documento di cui aveva bisogno. Io, invece, suggerirei di far leggere questo testo a tutti i dipendenti, pubblici e privati, che gestiscono relazioni di front end con i clienti. Non trovo soluzione migliore che trascrivere per intero il testo della mail e augurarvi una buona e spassosa lettura.

“Buonasera sig.ra, in merito alla sua richiesta non sono in grado di fornirle dettagli sulle circostanze per le quali la pratica edilizia 37/1970 non è più reperibile nel nostro archivio. Allo stesso modo non posso esprimermi sul motivo della sua scomparsa. So bene che la mia risposta potrà risultarle deludente e che l’accoglierà con un certo comprensibile fastidio, ma in tutta onestà è il massimo che posso offrirle senza oltrepassare la linea oltre la quale un’affermazione si traveste da bugia. Se le piace leggere, consideri l’esempio offerto dalla letteratura. Il catalogo delle opere smarritesi nelle pieghe del tempo e degli eventi umani è terrificante, più di ogni altra cosa ci dice della fragilità, nostra e delle opere che produciamo, e di come la perdita non sia una singolarità, ma la norma.

Loading…

Non c’è bisogno di sforzarsi troppo per enumerare degli esempi. Di Eschilo conosciamo solo sette tragedie della novantina che scrisse. Stesso destino per Sofocle: sui trentatré volumi della sua produzione non ne sopravvivono che una manciata. Per il semi sconosciuto Agatone la sorte è stata persino peggiore. Di quest’altro drammaturgo, amico di Euripide e Platone, non rimane più nulla, se non una caustica menzione nelle Tesmoforiazuse di Aristofane.

I nove libri di poesie di Saffo sono irrimediabilmente perduti, ad eccezione di qualche frammento. Il trattato sulla poetica di Aristotele, la prima analisi organica dell’arte e delle sue forme, esiste solo a metà: il primo libro non è che una trascrizione degli appunti presi dagli studenti del grande filosofo, mentre del secondo non se ne sa letteralmente nulla. La sua scomparsa ha colpito così fortemente il nostro immaginario che Umberto Eco inserì il fantasma di quest’opera perduta nella trama de “Il nome della rosa”.

L’erosione dell’oblio sulla letteratura è una costante dei tempi. Nel 642 d.C. gli arabi travolsero l’Egitto ed entrarono ad Alessandria. Il generale che prese la città, su ordine del califfo Omar, distrusse la più grande biblioteca del mondo, colpevole di contenere opere eretiche che non si confacevano alla visione del Corano. I libri e i rotoli furono impiegati per alimentare i fuochi delle caldaie che riscaldavano i bagni dei soldati: erano talmente tanti che – si dice – il combustibile bastò per sei mesi.

Fonte: Il Sole 24 Ore