Valentino couture, perfezione senza canoni e colori dell’altro mondo

Esserci, dentro il proprio corpo, senzienti e ipersensibili ad ogni stimolazione: per reazione o compensazione al distanziamento forzato e alla vita digitale, si riscopre la fisicità. La haute couture parigina, in questi giorni, parla una lingua compiaciutamente corporale, fisica, sensuale. Pierpaolo Piccioli, da Valentino, il corpo lo declina al plurale, lontano da canoni opprimenti e astrazioni idealizzate, dando sostanza tangibile all’urgenza inclusiva che guida da tempo il suo lavoro. È una operazione insieme radicale e poetica: complessa nell’esecuzione, ineffabile nel risultato.

In passerella via libera a corpi giunonici o minuti

La couture, in quanto servizio, non ha in realtà limiti legati al tipo fisico: semplicemente, nel lavoro di atelier, si adattano le creazioni di passerella alla figura della cliente. «È proprio l’adattamento che volevo cancellare. Per farlo, ho sostituito alla modella di maison, corpo perfetto e ideale, un gruppo di donne di diverse età e fisicità, e modellato la collezione fin dall’inizio su di loro, di fatto alterando dall’interno il processo». In altre parole, la proposta di stagione è modulata attraverso diversi tipi fisici, trovando in questa varietà la sua interezza. I corpi – allungati, statuari, giunonici, minuti, voluttuosi oppure seccagni – sono strumento, esattamente come lo è la silhouette tradizionale della modella, ma non sono il messaggio finale della collezione, che è invece una couture molto riuscita e molto Valentino di perfezione vibrante, freddezza bollente e colori dell’altro mondo. «Il mio fine è raggiunto quando l’immagine d’insieme comunica l’intento» conclude Piccioli.

Varietà di tipi fisici in passerella

Al di là dei proclami e dell’inevitabile storytelling, l’intento è raggiunto, tanto che della varietà di tipi fisici quasi si sarebbe potuto non parlare perché era lì, evidente dato di fatto, potente nella sua ineludibile presenza.

Femminilità traboccante per Gaultier Couture

È un corpo statuario, divino, di una femminilità traboccante quella di Gaultier Couture nella interpretazione di Glenn Martens (da quando Jean Paul Gaultier si è ritirato, la couture della sua irriverente maison è affidata ogni stagione all’estro di un giovane creativo). I segni della lingua Gaultier, dai lacci di bustino al velluto cremisi da teatro, dalle righe marinare alle linee a clessidra, ci sono tutti, ma liquefatti, aggrovigliati e magnificamente complicati in quella maniera che a Martens riesce cosí bene, e che è in effetti la sua lingua. Il dialogo elettrizza: l’omaggio c’è, ma è provocatorio e beffardo, che è poi il solo modo che da Gaultier abbia senso.

È comico, allungato e scoliotico, in fine, il corpo da Viktor & Rolf, in una parodia horror di spalle spinte in alto e teste incassate che molto diverte e fa pensare, perché il vestito ridisegna il corpo ma, all’uopo, lo distorce pure.

Fonte: Il Sole 24 Ore