Vaticano, il Tribunale del riesame verifichi le memorie difensive su Torzi

Il Tribunale del Riesame dovrà verificare se la mancata trasmissione delle memorie difensive – che contenevano anche i documenti e i verbali delle dichiarazioni rese da Gianluigi Torzi – prodotte nel processo Vaticano e trasmesse all’autorità giudiziaria italiana in seguito ad una rogatoria, può avere un peso decisivo sulla valutazione del fumus del reato di autoriciclaggio. Un significato tale da rendere necessaria una piana valutazione da parte del Giudice delle indagini preliminari.

Atti difensivi non valutati

Queste le motivazioni della terza sezione penale della Cassazione (sentenza 1396) con le quali il 12 ottobre scorso la Suprema corte ha disposto l’annullamento con rinvio dopo il ricorso contro l’ordinanza del Tribunale del riesame di Roma che aveva confermato la misura cautelare emessa a carico del broker – uno dei dieci soggetti sotto processo in Vaticano per la gestione del patrimonio della Segreteria di Stato – dal gip romano per le ipotesi di autoriciclaggio dei soldi ottenuti dal Vaticano per l’acquisizione della proprietà del palazzo di Londra.

La Suprema corte ha dunque annullato l’ordinanza rinviando di nuovo la questione al tribunale della Libertà per procedere alle verifiche «al fine di stabilire le conseguenze della mancata trasmissione al gip della documentazione difensiva acquisita a seguito dell’assistenza giudiziaria ricevuta dallo Stato Vaticano».

Atti del Vaticano utilizzabili

Nelle stesse motivazioni la Suprema corte respinge invece la tesi della difesa secondo la quale sarebbero inutilizzabili gli atti acquisiti da parte dell’autorità giudiziaria vaticana. E questo perchè il sistema processuale è considerato «obsoleto e privo di garanzie difensive». La Corte di cassazione, pur precisando che non spetta ai giudici italiani dare una valutazione, in via generale, sul sistema giuridico di un altro stato in sede di cooperazione giudiziaria dove la valutazione è limitata agli atti specifici assunti, nega che siano state dimostrate violazioni del diritto di difesa nel processo in Vaticano.

La Cooperazione giudiziaria dello Stato città del Vaticano

Gli ermellini precisano poi che non è vero, come sostenuto nel ricorso, che lo Stato città del Vaticano, non ha aderito al alcuna convenzione internazionale in materia di cooperazione giudiziaria. «Valga per tutti – si legge nella sentenza – la ratifica del 25 gennaio 2012 della Convenzione delle Nazioni unite contro il crimine organizzato transnazionale…». Una convenzione che rappresenta al strumento base di cooperazione giudiziaria tra i Paesi aderenti in tema di criminalità organizzata «e prevede modalità di assistenza giudiziaria nel caso in cui i mezzi di prova pertinenti i reati di criminalità organizzata previsti dalla convenzione, tra i quali risulta incluso il riciclaggio possano essere forniti da una altro Stato».

Fonte: Il Sole 24 Ore