Via libera del Senato all’indennità di discontinuità per i lavoratori dello spettacolo

L’introduzione della indennità di discontinuità segna uno spartiacque tra il prima e il dopo per le lavoratrici e i lavoratori delle arti creative e dello spettacolo dal vivo. Inizia così un nuovo corso nella legislazione in materia, corso partito nel gennaio 2021 quando il senatore del Pd Francesco Verducci, vicepresidente della Commissione Cultura a Palazzo Madama, e il deputato dem Matteo Orfini avevano depositato in Senato e Camera il testo del disegno di legge per lo “Statuto sociale dei lavori nel settore creativo, dello spettacolo e delle arti performative”. La proposta ha cercato di riportare al centro del dibattito politico e dell’agenda del paese il settore dello spettacolo a lungo trascurato. Il 18 maggio il ddl ha finalmente ricevuto l’approvazione del Senato, in risposta alle istanze delle realtà associative della produzione culturale dal vivo, soprattutto nel periodo Covid. Per il deputato Orfini si tratta di “un passo davvero importante, per certi versi rivoluzionario: per la prima volta si immagina un sistema di welfare innovativo disegnato sulle caratteristiche specifiche di queste professioni.”

Chi è dentro e chi fuori

L’indennità di discontinuità è destinata a musicisti, attori, autori e tecnici del settore, restano fuori gli artisti visuali e le altre figure del sistema dell’arte (curatori, project manager, producer, graphic design e illustratori, allestitori, assistenti di studio d’artista, archivisti fotografi e videomaker, educatori museale e mediatori culturale e molti altri). Pur con queste lacune da colmare, per la prima volta viene riconosciuta la natura intermittente delle professioni dello spettacolo dal vivo. Una svolta importante, chiesta con forza dagli artisti durante i mesi di chiusura per la pandemia, scesi in piazza per chiedere al governo nuove forme di protezione per risollevare le condizioni precarie esacerbate dalle chiusure.

Questo reddito punta finalmente a tutelare i lavoratori dello spettacolo nei momenti di inattività o durante i periodi di studio e formazione, momenti essenziali nelle professioni artistiche, professioni che allo stato attuale non percepiscono un reddito stabile e non hanno la possibilità di versare i contributi previdenziali in maniera continuativa. Spetterà al governo, una volta approvata la legge, definire l’importo e quali categorie avranno diritto ad accedervi. Non a caso il testo prevede anche l’istituzione presso il ministero della Cultura di un registro unico dei lavoratori che operano nel mondo dello spettacolo.

«Ora dobbiamo correre per l’approvazione alla Camera e per i decreti attuativi. Dobbiamo correre e correremo» dice il ministro della Cultura Dario Franceschini. Il testo infatti ora deve approdare a Montecitorio per il sì definitivo, dopodiché il governo, entro 12 mesi dall’entrata in vigore, dovrà predisporre i decreti legislativi con cui verranno stabilite le modalità di attuazione, compresi gli importi del reddito. La legge è passata con il voto compatto della maggioranza, a favore Pd, Iv, M5s, Lega e Forza Italia, mentre Fratelli d’Italia che in Commissione aveva definito il testo “insufficiente”, si è astenuta.

Lo spettacolo nell’agenda politica

La proposta Verducci-Orfini è partita dal basso, dalle esigenze dei lavoratori e questo si intuisce dalla possibilità di convertire i disposti dell’articolato in soluzioni pratiche alle problematiche professionali degli artisti. Si tratta del primo capitolo di una trilogia che, come anticipa Orfini, avrà per soggetti: “oltre allo statuto sociale dei lavori dello spettacolo, la riforma e riorganizzazione delle associazioni ed imprese creative, e, infine, il sostegno dei luoghi diffusi della cultura”, live club, piccoli teatri, circoli associativi, “dove nasce l’educazione alla cultura”. “È stato un lavoro complesso – commenta Orfini – durato quasi due anni e reso possibile dal continuo confronto con i lavoratori del settore che hanno contribuito a pensare e scrivere queste norme”.

Fonte: Il Sole 24 Ore