Video Killed the Radio Star? La riscoperta della radio in azienda

Settembre 1979. Esce il singolo Video Killed the Radio Star , brano di nostalgica insofferenza per ciò che verrà. Il dominio della televisione sulla radio, l’impatto del “visivo” e, per dirla con le parole dell’autore Trevor Horn, “l’effetto disumanizzante della tecnologia sulla società”. Un brano profetico (sia nei suoni Eighties che nelle parole). Poi tutto si muove con una accelerazione impressionante. I videoregistratori, MTV, il boom dei videoclip, la tv satellitare, la rete globale, i dispositivi mobili, i social network. In un balzo siamo ad oggi.

Intanto nelle organizzazioni

Le organizzazioni si muovono di conseguenza. L’apice è lo sviluppo delle Business Tv e dei video aziendali già all’inizio del secolo nuovo. Le soglie di attenzione si abbassano, l’esperienza di Youtube ci impone di essere visivi e rapidi, Instagram prima e TikTok dopo rincarano la dose. Pare non esserci speranza per la cara vecchia radio, nonostante le evoluzioni, l’ascolto in digitale, la rete come canale alternativo. Nel mentre, come se non bastasse, nelle nuove generazioni cresce il disinteresse verso la musica come puro piacere (slegato quindi da immagine, moda e fenomeni di costume) da sempre traino per l’ascolto radiofonico. Nei mass media e sulle business tv il mantra sono contenuti veloci, leggeri, video-based e patinati. Non c’è spazio e tempo per la parola slegata dall’immagine.

The New Normal: l’ibridazione

Poi arriva la pandemia. Ci troviamo chiusi in casa e riscopriamo l’interesse per l’ascolto. Improvvisamente siamo disponibili a dedicare minuti e minuti alle parole. È il parziale ribaltamento di alcune logiche di fruizione dei contenuti multimediali che il successo dei podcast sulle principali piattaforme di streaming certifica. Una nuova realtà forse figlia della nostalgia dei millennial e dei boomer, forse della riscoperta di spazi da dedicare a noi stessi nel riassetto delle abitudini di vita. Una nuova realtà che si affianca al flusso vorticoso di video di intrattenimento in stile TikTok. Una nuova realtà nella quale nascono format di taglio radiofonico “evoluti” in cui l’aut aut video-audio non esiste più. Nuovi modelli come sintesi ibrida, a rilascio prolungato, dove freschezza, informalità, interazione-coinvolgimento e immediatezza convivono.

Eredità radiofonica

Quale futuro quindi? Esiste una eredità rispettosa degli ultimi 40 anni di battaglia fra audio e video? La risposta è sì e il riferimento è a quelle che potremmo definire Video-Radio. Il modello esiste già ed è sperimentato con successo da emittenti di intrattenimento nazionali: Radio DJ, RTL, Viva Radio 2, ma anche e soprattutto da tanti piccoli utenti sulle piattaforme social come Twitch. Le V-Radio sono radio dinamiche, parlate, con speaker-ospiti in studi confidenziali, estremamente flessibili. Fruibili sia in video che in audio, attraverso diversi canali, online o offline, in diretta o in asincrono, con tempi di fruizione anche lunghi. Non si tratta solo di filmare o digitalizzare la radio ma di utilizzare un linguaggio nuovo, ibrido, poiché la V-Radio non è radio e non è nemmeno Tv. È qualcosa di diverso che combina gli elementi liturgici (set e regia, grafiche e audio, conduzione, ospiti, contenuti) creando qualcosa di nuovo.

Ancora nelle organizzazioni

Negli anni abbiamo già sperimentato come la V-Radio possa supportare con successo le imprese nel raggiungimento dei propri obiettivi. La V-Radio può infatti intrattenere, informare, può anche formare attraverso una efficace trasmissione dei contenuti, può supportare nei processi di cambiamento e può dare voce alle persone mettendole al centro. La V-Radio favorisce più di tutto l’engagement attraverso modelli comunicativi che solletichino corde più emotive. Questo è particolarmente utile in una contemporaneità in cui la nostra dieta mediatica è ipercalorica, siamo infobesi e fatichiamo a dare senso ai contenuti di cui fruiamo. La V-Radio permette un approccio comunicativo di “profonda leggerezza” ad alto tasso emozionale, divulgando contenuti seri ma non seriosi, attraverso una cifra stilistica fresca e ingaggiante con un uso sapiente dell’ironia come gancio per attrarre il pubblico e affrontare anche temi complessi senza annoiare, con leggerezza appunto, che non è superficialità ma è planare d’alto senza macigni sul cuore, come diceva Calvino nelle sue Lezioni Americane.

Fonte: Il Sole 24 Ore