Vino a impatto zero: la tenuta Argiano avvia progetto per la certificazione dell’intera filiera

Il mondo del vino accelera sul fronte della carbon neutrality. Non sono più solo i grandi gruppi ad investire sulla riduzione della cosiddetta “carbon footprint” – in quanto attenti alle dinamiche legate alla responsabilità sociale – ma sta crescendo l’attenzione anche tra le boutique winery storiche.

Dopo la siciliana Firriato che è stata apripista in Italia nel raggiungere la totale neutralità di emissioni in atmosfera, si moltiplica il numero delle aziende che intraprendono azioni mirate. E se già nel 2014 il gruppo Santa Margherita annunciava la carbon neutrality dell’intera produzione di Pinot Grigio distribuita in Canada (quasi 1,5 milioni di bottiglie all’anno), certificata dall’istituto indipendente Carbonzero, e già da anni la siciliana Donnafugata ha deciso di esporre su ogni bottiglia la carbon footprint accountabilty, è freschissima la notizia dell’avvio di un progetto per la certificazione dell’intera filiera anche per quel gioiello montalcinese che è Argiano.

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Argiano punta sul bosco aziendale

La tenuta di Montalcino – fondata nel 1580 e oggi controllata dal brasiliano André Santos Esteves – ha da anni intrapreso azioni legate alla sostenibilità ambientale e ha annunciato ora il kick-off di un progetto che porterà a dichiarare l’impatto zero, proponendosi anche come capofila per il vitivinicolo dell’Alleanza Territoriale Carbon Neutrality di Siena.«Una prima stima effettuata dagli esperti Benedetto Rugani e Marco Allocco – fanno sapere da Argiano (350mila bottiglie per un fatturato di circa 5 milioni di euro) – rivela che l’azienda, grazie anche alle buone pratiche di riduzione dei propri impatti sull’ambiente messe in campo negli ultimi anni, è potenzialmente già a zero nel saldo fra le emissioni e gli assorbimenti di carbonio». Questo integrando nella valutazione della gestione aziendale il bosco di proprietà. Se infatti una prima valutazione parametrica evidenzia come l’impronta di carbonio di una produzione di vino e olio come quella di Argiano si aggiri intorno alle 760 tonnellate di CO2-eqivalente all’anno (ovvero meno date le buone pratiche gestionali), i 53 ettari di bosco di latifoglie miste potrebbero superare le 800 tonnellate CO2-equivalenti all’anno di assorbimento. «La carbon neutrality è un tema importante per l’azienda, solo l’ultimo in ordine di tempo delle scelte virtuose intraprese», evidenzia il Ceo Bernardino Sani. Nel frattempo, infatti, l’azienda montalcinese ha già ottenuto la certificazione relativa all’energia (fornita da Enegan SpA), completamente derivante da fonti rinnovabili.

Firriato, avanscoperta italiana e mondiale

L’annuncio è arrivato nel 2019: Firriato è Carbon Neutral. L’azienda siciliana – 4,5 milioni di bottiglie l’anno, per un fatturato intorno ai 20 milioni – è stata tra le prime cantine al mondo ad aver annullato l’impronta delle emissioni dei gas serra.Un percorso difficile e dispendioso quello che ha portato Firriato a raggiungere tutte le condizioni per certificare il punto zero sulle emissioni. Un traguardo pionieristico che apre prospettive per l’intero comparto, grazie al protocollo di neutralità – adattato dal certificatore internazionale DNV GL proprio per il settore vitivinicolo – contenente specifiche per la quantificazione, la riduzione e la compensazione delle emissioni residue dell’azienda, che lo ha inserito e implementato nelle buone pratiche in tema ambientale ed energetico.«È un risultato che ci ha posto all’avanguardia – rimarca Federico Lombardo di Monte Iato, Coo dell’azienda – e che rappresenta un nuovo punto di partenza per chi come noi vuole affermare con i fatti un percorso produttivo di sostenibilità ambientale con un impegno in prima linea».

Certificazione come vantaggio competitivo

Il riconoscimento Carbon Neutrality è stato conseguito attraverso il sostegno di specifiche attività di tutela ambientale in paesi ad economia emergente che si sono concretizzati con progetti di riforestazione in aree tropicali e con la produzione di energia da fonti rinnovabili.«Non esiste un albo mondiale delle aziende carbon neutral – prosegue il manager – ma secondo l’ente certificatore non ci sono altre aziende su scala globale ad aver adottato parametri rigorosi come i nostri e ad aver raggiunto il risultato delle zero emissioni per tutte le attività, dalla vigna alla bottiglia consegnata al consumatore».La certificazione non viene evidenziata in etichetta, «perché riguarda il processo aziendale complessivo e non può essere riferita al singolo prodotto», spiega Lombardo di Monte Iato. L’attenzione su queste scelte di sostenibilità è però strategica su mercati dove c’è una cultura ambientale forte, come nel Nord Europa, mentre in altri contesti è meno spinta. «Negli USA il consumatore è potenzialmente molto sensibile – conclude il manager – però non sempre l’importatore riesce a trasferire sul mercato la nostra certificazione come un vantaggio competitivo».

Fonte: Il Sole 24 Ore