Vino, per la prima volta un super-esperto italiano nel gruppo Masters of Wine

L’Italia ha finalmente e, per la prima volta, un proprio Master of Wine, una sorta di premio “Nobel” del vino. Si chiama Gabriele Gorelli, ha 37 anni ed è cresciuto a Montalcino (Siena). Si colma così una lacuna, per molti produttori italiani una vera e propria ferita aperta. Il paese con la più antica tradizione vitivinicola al mondo non aveva mai avuto un proprio rappresentante nella più esclusiva e influente organizzazione al mondo degli ambasciatori del vino.

Nato nel 1953 a Londra The Institute of Masters of Wine è un’organizzazione i cui membri “hanno – si legge sul sito – la missione di promuovere l’eccellenza, la condivisione e la conoscenza tra i diversi settori della comunità globale del vino”.

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I Master of Wine sono solo 418 al mondo “meno delle persone che sono state nello spazio” fanno notare dalla stessa organizzazione e fra questi finora non c’era mai stato un italiano.All’ambita qualifica non si accede per titoli ma dopo un lungo e articolato percorso di studi nel quale bisogna dimostrare competenze che spaziano dalla viticoltura alla comunicazione e all’economia. Competenze indispensabili nei rapporti con aziende agricole, importatori e ristoranti.

“Storicamente il ruolo dei Masters of Wine – commenta Gabriele Gorelli che tra l’altro cose ha curato la sezione italiana della Sotheby’s Wine Encyclopedia 2020 – non è certo quello di piegare la produzione del vino al gusto imperante. Al contrario, quello di rendere accessibile e comprensibile a tutti le eccellenze, valorizzandole e creando valore aggiunto lungo tutta la filiera. È fondamentale – ha detto ancora Gorelli – che un Paese complesso come l’Italia, da un punto di vista ampelografico, storico, stilistico, possa contare su un ambasciatore che lo rappresenti in ambito internazionale. Ancora oggi, nonostante il sapere enciclopedico degli anglosassoni, resistono convinzioni e pregiudizi sedimentati nei decenni, che restituiscono un’immagine distorta di quello che è il patrimonio enologico italiano. Perciò è fondamentale che ci sia qualcuno pronto a mettersi a disposizione dell’intera filiera, con la credibilità, l’autorità, ma anche il linguaggio adeguati, per rappresentare e raccontare l’Italia ed i suoi vini nel complesso universo del trade internazionale”.

Fonte: Il Sole 24 Ore