Zegna inventa lo “Zoomwear”, lo stile confortevole che non rinuncia all’eleganza

In questi tempi incerti e ansiogeni, si riaffaccia spesso il pensiero di premere il fatidico bottone – sempre che esista – e resettare tutto. Il fatto è che il reset è già avvenuto, forzato da eventi travolgenti che hanno ridisegnato non solo aspettative e pensieri, ma anche stili di vita e, di conseguenza, modi di vestire.

La moda segue, o anticipa. La fashion week milanese per l’inverno che verrà – virtuale, per forza di cose – si è aperta con il fashion film di Ermenegildo Zegna Couture, intitolato, giusto a proposito, The (Re)set. Una premessa va fatta, perché anche in tempi anti-storici come i nostri la cronologia ha un peso: a vestire l’uomo moderno con abiti nuovi, che rispondono a esigenze del momento con categorie ibride senza perdere di appropriatezza, Alessandro Sartori pensa da anni. Per l’esattezza dall’inizio del mandato di direttore creativo Zegna, nel 2017. Il processo adesso ha raggiunto la perfezione della sintesi assoluta, e una espressione fluida, senza sforzo, mentre il resto del sistema si è allineato.

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Sartori è un tecnico di consumato professionismo: lavora sull’immagine dall’interno, ossia dal modo con cui sono fatte le cose se non addirittura, essendo Zegna anche un lanificio, dal tessuto. La collezione – una riflessione molto concreta e molto attuale sul nostro continuo slittare tra dentro e fuori, divano e scrivania, otium e negotium che Sartori ribattezza con icastica precisione Zoomwear – ruota non a caso tutta intorno al jersey: infeltrito, di cashmere, prezioso quanto pratico. Sartori ci taglia giacche a kimono, giacche camicia, cappotti avvolgenti come vestaglie, pantaloni generosi, che sono una perfetta fusione di formale e informale.

Mentre il senso generale dello stile slitta inesorabilmente verso la pigrizia della tuta, Sartori mette un salvifico puntello e realizza un abito impeccabile di maglia che della tuta conserva solo la praticità, eliminandone la sostanziale sciatteria, ma che per questo piacerà anche a chi l’abito non lo ha mai messo. Il suo è un progetto coerente e articolato, portato avanti con visione e tecnicismo, nel fermo desiderio di offrire un guardaroba modulare a prova di esigenza e imprevisto. Il risultato è elegante, essenziale, organico.

Il medium filmico – tutto uno scorrere di piani tra interno ed esterno, tutto un fluire di situazioni pubbliche e private – lo amplifica nel modo migliore, come forse una sfilata non avrebbe potuto fare. Nel disegno di questa eleganza liquida rientra anche la donna, con capi che non sono disegnati di proposito, ma che sono semplicemente disponibili in taglia. Anche questa è fluidità a prova di tempi turbolenti.

Fonte: Il Sole 24 Ore