150mila medici e infermieri in pensione entro 2035

150mila medici e infermieri in pensione entro 2035

Da qui a dieci anni il Servizio sanitario nazionale assisterà a un maxi esodo di oltre 150mila tra medici, infermieri e altri operatori pronti per la pensione. Una fuga per limiti d’età – oggi oltre un terzo dei sanitari è over 55 – che rischia di far scricchiolare dalle fondamenta il Ssn se non si correrà presto ai ripari: l’allarme riguarda soprattutto gli infermieri – le figure che già oggi mancano di più – e per le quali il ricambio dei 78mila pronti a uscire nel 2035 sembra sempre più difficile visto che sempre più giovani non si iscrivo ai corsi di laurea. Più articolato il discorso per i medici: di camici bianchi c’è carenza solo per alcune specialità – a esempio nei pronto soccorso – e tra i medici di famiglia che mancano sempre di più, ma qui almeno la disponibilità di laureati e specialisti dovrebbe crescere visto il recente aumento dei posti disponibili al percorso di laurea in Medicina appena riformata saliti quest’anno a oltre 24mila e per le successive borse di specializzazione che viaggiano sulle 15mila l’anno in media.

A mettere in fila i numeri è l’Agenas, l’Agenzia per i servizi sanitari regionali, che in un dettagliato rapporto appena pubblicato sul personale del Ssn fa una diagnosi delle cause ben precisa: «Il protrarsi del blocco delle assunzioni, interrompendo la regolare alimentazione dei ruoli, ha determinato l’innalzamento dell’età media del personale e il conseguente fenomeno della “gobba pensionistica”. Tale fenomeno, sebbene, riguardi tutto il personale sanitario, appare naturalmente più minaccioso per i profili professionali già carenti ovvero gli infermieri». Un allarme rosso contro il quale il Governo proverà a mettere già una prima toppa in manovra, se ci saranno le risorse, con un piano assunzioni concentrato soprattutto sugli infermieri con 25mila ingressi sui 27mila totali. Ma veniamo ai numeri: Agenas sottolinea come nel 2023 i dipendenti del Ssn ammontavano a 701.170 con una crescita di quasi l’8% rispetto al 2019, un aumento avvenuto negli anni della pandemia non sufficiente però a svecchiare il personale visto che per oltre un terzo – 249.871 unità, pari al 35,65% del totale – ha più di 55 anni. In particolare a fine 2023 i medici “over 55” erano 39.158 (pari al 39,5%%), mentre gli infermieri “over 55” erano il 29,13% del totale e gli operatori socio sanitari (Oss) quasi il 12 per cento. A conti fatti da qui al 2035 i numeri dei pensionamenti (a 70 anni per i medici e 67 per l’altro personale) ammontano a 154mila uscite in 10 anni: 30mila tra i medici ospedalieri, oltre 20mila tra medici di famiglia e delle cure primarie, 78mila tra gli infermieri e 26mila tra gli Oss.

Come detto però la situazione per i medici negli ospedali è meno allarmante: dopo la contrazione del decennio scorso, si è assistito a un aumento delle borse di specializzazione – triplicate rispetto a 10 anni fa – che ha messo al riparo il Ssn da una carenza di medici potenzialmente disastrosa anche se resta la preoccupazione per alcune specializzazioni come Emergenza Urgenza, Anestesia e Rianimazione, Radioterapia, Microbiologia e Virologia, in cui si registrano un numero elevato di borse non assegnate. Fatte salve queste specialità, il pericolo è addirittura che nel prossimo futuro si assista a un eccesso di medici specialisti, «con la disponibilità di laureati che eccede il fabbisogno», si legge nel rapporto. Diverso è il caso dei medici di famiglia: in dieci anni il loro numero si è ridotto di più di 7 mila unità (dagli oltre 45 mila del 2013 ai 38 mila del 2023), con 68,1 medici di famiglia ogni 100 mila abitanti l’Italia è indietro rispetto a Paesi come Germania (72,8) e la Francia (96,6). Ma la situazione più critica è soprattutto quella degli infermieri dove l’iItalia è ben sotto la media Ue contandone 6,86 per mille abitanti contro 8,26 in Europa: da qui al 2035, saranno circa 78 mila quelli che raggiungeranno l’età pensionabile e molti di loro rischiano di non essere sostituiti. Infatti, «da qualche anno, nonostante l’incremento del numero di posti a bando, si nota una progressiva riduzione delle domande». Se il trend continuerà non è possibile «assicurare che l’attuale offerta formativa sia sufficiente a neutralizzare l’effetto della gobba pensionistica», conclude il rapporto.

Fonte: Il Sole 24 Ore