4 direttrici per affrontare la complessità

4 direttrici per affrontare la complessità

Aumenta, quindi, l’importanza di quattro direttrici della formazione manageriale, da tempo note ma spesso accantonate o viste come ancillari alla formazione in aula.

La prima è il coaching, inteso come leva relazionale per apprendere in modo maieutico da sé e dagli altri. Sta emergendo il valore di un apprendimento individuale guidato da docenti e colleghi più esperti: percorsi personalizzati, in cui il manager riflette su sfide concrete, rilegge i propri gap e acquisisce strumenti per orientarsi in ambienti ad alta ambiguità. È una modalità che favorisce non solo la crescita, ma anche la consapevolezza del proprio stile di leadership.

La seconda direttrice è l’apprendimento situato nei team e nella loro eterogeneità. I momenti formativi più efficaci non sono quelli solitari, ma quelli vissuti in gruppo: tecnici e manager, giovani e senior, funzioni diverse. Il lavoro in team stimola il confronto tra approcci, fa emergere la dimensione sistemica dei problemi, accelera l’apprendimento e migliora la qualità delle decisioni. Le dinamiche collaborative diventano così parte integrante dell’esperienza formativa.

I lavori progettuali in team si intrecciano con una terza leva, da tempo radicata nelle business school: i casi di studio. Questa metodologia, nata oltre un secolo fa alla Harvard Business School, fu pensata per superare la trasmissione astratta di nozioni. Si tratta di metodi induttivi, in cui il partecipante si confronta con una situazione reale, ambigua, caratterizzata da elevati trade-off, incertezza e rilevanza strategica. Il punto non è trovare la “soluzione giusta”, ma allenare il giudizio, leggere il contesto, fare scelte. Tuttavia, per essere davvero incisiva, questa metodologia va adattata: molte imprese italiane segnalano la necessità di casi nazionali, che riflettano specificità culturali, assetti proprietari e logiche di governance del nostro tessuto produttivo.

Infine, emerge una domanda crescente di study tour: esperienze immersive in contesti esterni al proprio settore o territorio. Non si tratta solo di “ispirazione”, ma di esercizi cognitivi per allenare lo sguardo, cogliere segnali deboli, leggere la cultura organizzativa implicita. In un’epoca dominata da modelli prescrittivi e algoritmi, diventa essenziale riscoprire la conoscenza tacita che si manifesta nei gesti, nelle routine, nelle scelte “normali”.

Fonte: Il Sole 24 Ore